I quasi duecento miliardi di euro, 196 per l’esattezza, del Recovery fund fanno gola a tanti soprattutto alle organizzazioni criminali. Sì, ed è da questo assioma che prende spunto l’iniziativa del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha annunciato l’avvio di una grande consultazione pubblica sulle pratiche anticorruzione, con lo scopo principale di “difendere” le risorse che serviranno a riparare i danni sociali ed economici causati dalla pandemia. I fondi destinati a sostenere la ripresa economica, data l’urgenza, godranno di una sorta di corsia preferenziale.
Tutti gli atti ed i provvedimenti emanati delle strutture guidate da sei manager scelti dal ministero dell’economia e dalla presidenza del Consiglio, non saranno infatti soggetti a controllo preventivo da parte della Corte dei conti. “L’emergenza della pandemia sarà accompagnata da un ingente sostegno finanziario” e per “impedire la dispersione e l’accaparramento criminale di queste risorse” ha affermato il Ministro “ho firmato il decreto costitutivo di un’iniziativa intitolata ‘Alleanza contro la corruzione: una grande consultazione pubblica di esperti di diversa provenienza professionale e di varia estrazione disciplinare, con l’intento di fare il punto sull’assetto messo in campo dal nostro Paese nei settori della prevenzione e del contrasto alla corruzione”.
Ma poteva andar tutto liscio come l’olio? Certo che no. Perché a mettere i bastoni tra le ruote, in un momento in cui le tempistiche sono fondamentali per evitare il fallimento e ridare ossigeno all’economia del Paese, arriva il partito di Matteo Renzi, Italia Viva. “La smania da task force si sta diffondendo. Ora anche il ministro Bonafede ne crea una, dimenticando che il compito che dovrebbe assolvere è già svolto dall’Autorità Nazionale anticorruzione creata da Renzi”, hanno dichiarato i parlamentari di Iv Lucia Annibali, capogruppo in Commissione Giustizia alla Camera, e Giuseppe Cucca, vicepresidente dei senatori renziani.
Ma se i seguaci dell’ex premier attaccano Bonafede, il leader di Iv si rivolge direttamente a Giuseppe Conte e minaccia la rottura. “Se le cose rimangono come sono voteremo contro”, sintetizza l’ex premier. E parlando di pasticcio istituzionale: “sta facendo un errore che può evitare fermandosi. Non credo che il premier vada avanti, credo che cambierà idea. A meno che non abbia accordi con altri, cioè se ha una maggioranza che non conosciamo, altrimenti si ferma. Secondo me Conte non si impunta, se lo fa il Parlamento è sovrano”, insiste e respinge l’idea che il problema sia “quello di voler stare a tavola per spartire la torta” perché “sarebbe offensivo pensare” che “ci accontentino dando qualche prebenda”.
L’iniziativa di Bonafede che proprio non va giù ai renziani prevede il coinvolgimento di circa sessanta esperti del settore che si confronteranno in vari tavoli sulle prospettive e gli aspetti più importanti della lotta alla corruzione. Parteciperanno, dunque, economisti, studiosi del diritto e del processo penale, esperti del diritto amministrativo, magistrati, avvocati, statistici, operatori della comunicazione e della scuola.
Tra questi spiccano personalità note come Giorgio Lattanzi, presidente della Scuola superiore della magistratura e presidente emerito della Corte Costituzionale, David Ermini, vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura, Filippo Patroni Griffi presidente del Consiglio di Stato, Ignazio Visco governatore della Banca D’Italia, Raffaele Piccirillo, capo di gabinetto del Ministero della Giustizia, Giuseppe Busia, presidente Autorità Nazionale Anticorruzione, Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Paola Severino, vicepresidente dell’Università Luiss ed ex ministro della Giustizia e Piercamillo Davigo, ex presidente di sezione della Suprema Corte di Cassazione.