L’Italia è in recessione tecnica ma il rendimento dei titoli di Stato è in diminuzione, sale il numero degli occupati, ma solo quelli a tempo determinato. I dati dell’Istat sull’andamento del prodotto interno lordo e sull’occupazione fotografano un paese al bivio, dove le notizie negative si bilanciano con quelle positive. Il primo elemento negativo è quello relativo alla diminuzione del Pil dello 0,2% nel quarto trimestre del 2018, la seconda flessione consecutiva fatta registrare dal prodotto intern lordo italiano, dopo quella dello 0,1% toccata nel trimestre luglio-settembre dello scorso anno. Quindi significa che il Paese è in recessione tecnica.
Ma i mercati non hanno preso questa notizia troppo male, visto che ieri i rendimenti dei titoli di Stato italiani hanno chiuso le contrattazioni sui minimi dallo scorso mese di luglio al 2,59%, confermando il trend dei giorni scorsi. Mentre lo spread tra Bot e Bund tedeschi è rimasto sostanzialmente stabile a quota 243. Stesso discorso per quanto riguarda le aste dei titoli di Stato che continuano a registrare una domanda più alta dell’offerta, benché i rendimenti siano in calo. Stesso trend anche sul mercato dei derivati, dove i credit default swap per assicurarsi dall’insolvenza dell’Italia a 5 anni sono passati da 285 a 200 punti.
Il calo del Pil, secondo il ministro dell’Economia, Giovanni Tria: “E’ un dato che era atteso ed è determinato dal ciclo economico europeo. La fase di recessione tecnica che stiamo attraversando, riflette l’impatto sul manifatturiero italiano del forte rallentamento del commercio internazionale e della produzione industriale tedesca. La risposta non può che essere quella di accelerare il programma di investimenti pubblici previsti dal Governo e le altre misure contenute nella legge di bilancio. Sottolineo infine – ha continuato Tria – che questi dati, ampiamente attesi, non stanno intaccando il recupero di fiducia dei mercati finanziari nel debito italiano”.
Sul fronte dell’occupazione, invece, i dati provvisori diffusi dall’Istat per il mese di dicembre 2018 parlano di un aumento del numero dei lavoratori dello 0,1% rispetto al mese precedente (pari a +23 mila unità) e di una crescita del tasso di occupazione che sale al 58,8 per cento. Ciò determina un incremento del numero dei lavoratori, su base annua, dello 0,9%, pari a +202 mila unità.
Anche in questo caso di tratta di una mezza buona notizia. Infatti l’incremento del numero degli occupati è dato dalla crescita dei lavoratori dipendenti con contratti a termine che sono aumentati di 47 mila unità, e dall’incremento degli autonomi con +11 mila nuovi lavoratori. Complessivamente nei dodici mesi, la crescita degli occupati si accompagna al calo dei disoccupati (-4,8%) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,5%).
La nota negativa è data dalla diminuzione dei contratti a tempo indeterminato, ridotti di 35 mila unità. Come a dire che il decreto Dignità varato dal Governo non convince le imprese che continuano a preferire i lavoratori a tempo, anche se devono pagarli di più ma con costi certi, piuttosto che assumerli per sempre con gli sgravi fiscali, correndo però il rischio poi di dover spendere di più in avvocati per licenziarli.