di Alessandro Barcella
Una città che brucia, colpita a tradimento da una criminalità mafiosa che vuole ribadire il proprio controllo sul territorio. E’ il quadro allarmante che emerge dall’ultima relazione del Comitato Antimafia del Comune di Milano, guidato da Nando dalla Chiesa, che punta lo sguardo sul fenomeno degli incendi di natura dolosa. Si tratta di “attività aggressive condotte verosimilmente da organizzazioni criminali nei confronti di persone operanti nella città di Milano e nella sua provincia” e per le quali esiste una vera e propria mappatura.
I casi e le zone “rosse”
La ricerca, condotta sugli incendi dolosi realizzati nel periodo 2011-ottobre 2012 a Milano e provincia, parla di ben 121 immobili e 157 automezzi dati alle fiamme, per un totale di 278 incendi di natura dolosa. Tre le zone nelle quali la frequenza è assai elevata: la 7 (Baggio, 26 incendi), la 8 (Gallaratese-Certosa, 21) e la 6 (Inganni-Lorenteggio, 20). L’Ufficio statistica e rapporti di intervento del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Milano ha collaborato fattivamente alla ricerca, che ha proceduto anche attraverso l’analisi dei casi di cronaca riportati dalla stampa e dai contemporanei processi in corso a Milano (tra i quali quelli di ndrangheta Redux-Caposaldo, Valle-Lampada e Infinito). La morsa dell’interesse delle mafie risulta in stretta connessione con gli stessi grandi appalti come quello di Expo e la relazione del Comitato nota come “la zona del cantiere principale di servizio ai lavori per l’Expo 2015 ricada esattamente in zona a elevata intensità” di episodi.
Si colpisce soprattutto durante la notte, dalle 24 alle 5 della mattina. “Si può ritenere che questo avvenga perché in tali orari gli automezzi sono presumibilmente parcheggiati nelle vicinanze delle abitazioni dei proprietari – spiega ancora la relazione – così da rendere più facile l’individuazione degli obiettivi”. E se questo non vale per negozi e altre tipologie di immobili, si deve prendere atto che il buio garantisce scarso controllo istituzionale e sociale del territorio. Emblematico, a spiegare le “logiche di penetrazione e di intimidazione perseguite dalle cosche”, il caso registrato il 10 aprile 2012 a Cornaredo, hinterland ovest di Milano.
Settori a rischio
Quattro uomini si introducono di notte nel capannone dell’ Azienda Comunale Servizi Ambientali (A.C.S.A. SpA) e provocano un incendio manomettendo una motrice di un camion lì posteggiato. “Data la risaputa infiltrazione della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti, è senz’altro da ritenere che il fatto vada inquadrato in una strategia di condizionamento degli appalti o delle forniture esercitata nei confronti dell’ente pubblico su un settore che appare contemporaneamente appetibile e vulnerabile”, spiega il Comitato. A rischio soprattutto i cosiddetti “paninari”, gli esercenti di commercio alimentare ambulante (spesso presenti ai lati delle grandi arterie stradale durante la notte). Non solo produzione di “ingiusti vantaggi” di tipo economico dunque, ma anche e soprattutto pretesa di controllo del territorio, spesso nel momento in cui si svolgono maxi-processi volti a detronizzare famiglie e clan interi.
Suggerimenti importanti
O ancora, si sottolinea, l’occasione prodotta proprio da quell’indebolimento di immagine e dalla decisione di altri clan di approfittarne per sostituirli su piazza. Dal Comitato infine alcune sottolineature, rivolte anche al primo cittadino di Milano. In città e provincia è in corso una notevole attività di aggressione verso le cose (immobili e mobili), un’attività volta a condizionare scelte amministrative, libertà economiche e convivenza civile. Un’attività, spiega ancora il Comitato, finora sottostimata. Un consiglio, infine, affinché in tema di gare d’appalto “si scelgano le procedure maggiormente in grado di cautelare la stazione appaltante rispetto a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata”.