I jihadisti continuano a rappresentare un grande pericolo. La Rete e le carceri sono come sempre un terreno per loro fertile e urge quindi una legge contro la radicalizzazione islamica. Ne è convinto il Copasir, che ieri ha approvato una relazione sul tema, specificando che sul fronte della radicalizzazione in Italia il rischio c’è ed è tangibile.
Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, presieduto dal senatore Adolfo Urso (nella foto), ha auspicato che, oltre alla repressione, si faccia uso degli strumenti di prevenzione e cooperazione, affinché possa essere punita non solo la diffusione di materiale di propaganda ma anche la sua detenzione. Nell’ultimo anno in Italia, stando ai dati del Viminale, sono state espulse 71 persone e 144 foreign fighters sono monitorati dalle forze di sicurezza.
Nelle carceri, invece, ci sono 313 detenuti sottoposti a monitoraggio, suddivisi in tre livelli di attenzione in base alla pericolosità di radicalizzazione, con ben 142 detenuti classificati di livello alto. Nel rapporto, che ha come relatori Enrico Borghi e Federica Dieni, viene quindi precisato che tali detenuti sono per il 27,16% di nazionalità algerina e per il 25,88% di nazionalità marocchina.
“Nel web – specifica il Copasir – è necessario intercettare i crogiuoli della propaganda”. Per il Comitato è dunque “urgente e non più dilazionabile un intervento legislativo che doti il nostro Paese di una disciplina idonea a contrastare in modo più incisivo il crescente fenomeno della radicalizzazione jihadista”.