Nuovo botta e risposta tra il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e la Commissione europea. Pomo della discordia, manco a dirlo, una Manovra. Una legge di Stabilità che avrebbe dovuto essere ambiziosa, prevedendo tagli alle tasse e incentivi alle imprese. E invece, nel consueto tentativo di regalare mance (con fini elettorali?), si ritrova a rischiare di non rientrare nei paletti comunitari. Da qui la lettera della commissione in cui chiedeva all’inquilino di Via XX Settembre chiarimenti. Ieri, però, è arrivata la risposta dello stesso Padoan: “Riteniamo che gli obiettivi fiscali previsti nel Documento Programmatico di Bilancio siano in linea con i requisiti del Patto di Stabilità e Crescita e riflettano la strategia del governo di riduzione del deficit e del debito sostenendo allo stesso tempo la ripresa economica in atto. Confidiamo che la Commissione ne terrà conto nel suo giudizio”. Confidiamo, appunto. E ancora: il Ministro, spiega il Tesoro, “sottolinea la convinzione del Governo italiano secondo cui il consolidamento di bilancio dovrebbe essere il frutto di un equilibrio tra il miglioramento della sostenibilità del debito e il supporto alla crescita economica in corso”. Dovrebbe essere. Insomma, si va avanti di condizionale in condizionale. Quasi come se lo stesso Padoan non fosse convinto di quanto scritto e detto. Clemenza e nulla più, pare essere quella chiesta dal Governo all’Europa. Che, manco a dirlo, difficilmente si piegherà alle preci italiane. Per ora nessuno si scompone: “Abbiamo ricevuto la risposta dell’Italia alla nostra lettera – ha fatto sapere un portavoce della Commissione Europea – Includeremo le informazioni nella nostra valutazione della bozza di Manovra prevista prima della fine di novembre”. Risposta laconica. Che non lascia ben pensare. Nel frattempo inizierà per il governo l’esame del Parlamento. La sessione di Bilancio sarà avviata al Senato oggi pomeriggio, con lo stralcio di eventuali norme. Il testo definitivo pare confermare gli interventi chiave, dal bonus giovani al mini-rafforzamento della lotta alla povertà all’introduzione dell’attesa detrazione per gli abbonamenti ai mezzi pubblici. Per il resto tante mance. E nulla più.
Sgravi fiscali per tutti. Comprese le ricche Fondazioni bancarie
di Maurizio Grosso
Ci mancava pure l’ennesimo regalino, per di più indirizzato a una categoria che non sembrava averne così bisogno. E così, con il classico ritardo rispetto all’approvazione in Consiglio dei ministri, ieri è arrivato il giorno della versione definitiva della Manovra di bilancio. Che poi tanto definitiva non è, se solo si considera l’iter parlamentare pronto a partire, spesso un Vietnam di emendamenti. Diciamo quindi che il testo, dopo bozze e controbozze girate in questi giorni, è quello definitivamente presentato dal Governo, che comunque uscirà parzialmente diverso dal Parlamento.
SEGNALI
E chi è che in extremis è riuscito a portarsi a casa un interessante cadeau? Le fondazioni bancarie, in pratica gli enti che ancora oggi detengono importanti partecipazioni all’interno delle banche del Paese, a partire dalle due più grandi, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ebbene, la Manovra elargisce alle fondazioni 100 milioni di euro di sgravi fiscali, mostrando un occhio di riguardo per il settore. In teoria la giustificazione della misura è pronta: il Governo dà un aiutino alle fondazioni per permettere a quest’ultime di erogare più facilmente risorse nei loro territori di competenza ai fini sociali previsti dalla legge. Ma le cronache finanziarie degli ultimi anni hanno dimostrato come spesso e volentieri le erogazioni vadano a premiare amici degli amici. E questo altro non può essere che il riflesso di un’influenza politica ancora molto forte negli organi di vertice delle fondazioni. Tra le novità a carattere “elettorale” spunta fuori anche l’allargamento delle soglie di reddito per ottenere il bonus Irpef da 80 euro (il tetto di 24mila euro sale a 24.600 e quello di 26mila sale a 26.600), in modo da “salvaguardare” l’incremento dei dipendenti pubblici che con il rinnovo del contratto supererebbero la soglia a oggi vigente per ricevere il bonus tanto caro a Matteo Renzi. Tornano poi le detrazioni (fino a 250 euro) per gli abbonamenti ai trasporti pubblici, mentre lo stop completo all’aumento dell’Iva partirà solo nel 2018. Confermato il bonus permanente per l’assunzione di giovani under 30 che, per il solo 2018, vale anche per i contratti stabili a chi non ha ancora compiuto 35 anni. Raddoppia la “tassa sui licenziamenti” collettivi (se adesso per ogni persona licenziata si pagava al massimo 1.470 euro adesso la tassa potrà arrivare a sfiorare i 2.940 euro) che le imprese industriali commerciali con più di 50 dipendenti versano per la Cig (Cassa integrazione).
ALTRE MISURE
Confermata l’estensione dei Piani di risparmio a lungo termine (Pir) alle società immobiliari. Ma si tratta solo di alcune delle principali misure previste dal testo finale della Manovra predisposta dal ministero dell’econmomia, guidato da Pier Carlo Padoan, alla fine lievitato a 120 articoli e bollinato dalla Ragioneria dello Stato. Nel testo, tra le altre cose, è stato confermato un fondo ad hoc per le politiche per la famiglia, alimentato, a partire dal 2018, con 100 milioni l’anno. Curiosamente, si tratta della stessa cifra riservata alla fondazioni bancarie sotto forma di sgravio. Adesso però viene il difficile, ovvero l’iter parlamentare all’interno del quale la legge sarà sicuramente oggetto del solito “assalto alla diligenza”.