Tutto come da copione. La Camera dei Deputati ha approvato la Legge di Bilancio con una maggioranza schiacciante. A leggere i risultati, alle ore 20,35 è stata la vicepresidente di Montecitorio, Maria Edera Spadoni: un solo astenuto, 330 favorevoli, 219 contrari. “La Camera approva”. Nel corso della discussione prima del voto di fiducia, si sono toccati attimi di forte scontro tra maggioranza e opposizione. A difendere quanto fatto dal Governo ci ha pensato il capogruppo M5S alla Camera, Francesco D’Uva secondo cui quella approvata “è una Manovra che definirei innovativa anche solo per il fatto che risponde a quello che volevano i cittadini: il reddito di cittadinanza, gli investimenti, quota 100; è una Manovra correttiva e responsabile insieme”. Ma è innovativa “anche perché non c’è spazio per le lobby, abbiamo pensato solo ai poveri”, ha detto ancora D’Uva.
Un concetto, questo, ribadito anche dalla leghista Rebecca Frassini: “Abbiamo fatto delle scelte coraggiose, ma del popolo. Ribadisco che i cittadini, con il voto del 4 marzo hanno dichiarato il fallimento dei Governi Pd”. Dalle file dei dem a rispondere ci ha pensato Luigi Marattin: “Non sapete come uscire fuori dalle bugie, dalle misure fantasma. Mettete solo le bandiere di partito e questo è tipico di chi se ne frega e fa marketing di bassa lega”. Ma a criticare la Manovra, nella querelle parlamentare, è stata anche Giorgia Meloni: “Non ci saranno i voti di Fratelli d’Italia sulla Manovra economica del governo. In questa Manovra non c’è niente per la crescita, non ci sono investimenti per le infrastrutture”. Ed è proprio su tali critiche che la stessa Meloni nel suo intervento in Aula ha annunciato che il 12 dicembre Fratelli d’Italia “scenderà in piazza davanti Montecitorio”. Per Forza Italia, invece, accanto a Berlusconi ad andare all’attacco è stata anche la capogruppo alla Camera Maristella Gelmini, secondo cui “se la legittima difesa non è ancora legge si deve chiedere conto a Di Maio e compagni, che sono i nuovi comunisti, perché hanno una posizione contraria all’impresa, al riformismo e ai cittadini”.
La partita, però, è tutt’altro che conclusa. Restano temi caldi che la maggioranza gialloverde deve ancora affrontare. Mentre la Finanziaria veniva approvata, nella sede del Governo iniziava a comporsi il puzzle delle modifiche che riscriveranno il testo a partire dall’intoccabile cifra del 2,4% di deficit alla quale Luigi Di Maio e i suoi avevano brindato dal balcone soltanto due mesi fa. Una stima che sembra poter-dover ritornare sui livelli (intorno al 2%) voluti dal ministro Giovanni Tria e accettati da Bruxelles. La soluzione sui numeri terrà ancora banco almeno fino al 19 dicembre, deadline posta dalla Ue. Ma la prossima settimana ci saranno altre occasione di confronto: sia al Consiglio europeo del 13-14 dicembre, sia al faccia a faccia fra il premier Conte e il presidente della commissione Junker.
A palazzo Madama, nel frattempo, dovrebbe arrivare, invece, l’annunciato intervento sulle cosiddette “pensioni d’oro”, tanto caro ai pentastellati, che varierà da un minimo del 25 a un massimo del 40% per gli assegni più alti. Mentre il Carroccio, sul fronte della pace fiscale, ha incassato il recupero del “saldo-stralcio” ma in versione light, dopo le note vicende sulla manina che avevano portato alla cancellazione del condono. Tornerebbe la possibilità di chiudere le cartelle arretrate con un forfait. Senza dimenticare la tanto contestata ecotassa per le auto inquinanti. La prossima settimana sarà, quindi, quella decisiva per le sorti della Manovra e dei conti pubblici italiani. Al momento il disco verde di palazzo Madama è atteso entro il 22 dicembre per consentire l’ok finale a questa tormentata legge entro il 23 dicembre, ma non è escluso che si possa scavallare il Natale.