Un salasso da 7,8 milioni di euro. Che potrebbe abbattersi sulle casse di Montecitorio dal primo gennaio 2018. Quando le indennità di funzione degli alti dirigenti della Camera torneranno a salire ai livelli pre 2014. Prima cioè della sforbiciata che aveva drasticamente ridotto gli emolumenti del personale. A fine anno, scadrà infatti la delibera dell’Ufficio di presidenza che aveva ‘calmierato’ le indennità. E che, in base a una sentenza dell’organo di giurisdizione interno, emessa su ricorso del personale colpito dal provvedimento, non sarebbe ulteriormente prorogabile.
Cari dirigenti – Ma di che cifre stiamo parlando? L’indennità di funzione del segretario generale della Camera, che per effetto dei tagli è stata ridotta a 662 euro al mese, tornerà a salire a 2.200 euro netti al mese. Per i vice segretari e il capo avvocatura, da 652 a 1.450 euro. Il consigliere capo servizio e il consigliere capo della segreteria del presidente intascheranno 1.197 euro contro gli attuali 598. Indennità quasi raddoppiata pure per il consigliere capo ufficio della segreteria generale: da 485 a 882 euro. E così via a scendere fino al V livello. Ma non è tutto. Nella relazione allegata al progetto di bilancio della Camera per il 2017 (il bilancio di previsione, ndr) i Questori erano tornati a mettere in guardia sugli effetti che, dal 2018, il ripristino integrale delle indennità di funzione comporterebbe. Il capitolo relativo agli “emolumenti del personale”, che “nelle previsioni definitive per il 2016 si è attestato a 178,3 milioni di euro”, nel 2017, si legge nel documento, “si riduce a 170,6 milioni”, con “una diminuzione di 7,7 milioni”. Ma, avvertono i Questori, nel 2018, il capitolo di spesa tornerà a salire “a 178,4 milioni di euro (+7,8, ndr), con un incremento del 4,55 per cento rispetto al 2017”, per il “venir meno dell’effetto triennale” delle “misure di riduzione delle retribuzioni” adottate nel 2014.
Stop and go – La questione era già esplosa nel 2015, quando il M5S denunciò il tentativo di ripristinare le indennità. Denuncia in seguito alla quale il Comitato affari del personale (Cap), guidato dalla vice presidente della Camera, Marina Sereni (Pd), sottopose all’Ufficio di Presidenza la proposta di prorogare gli effetti della sforbiciata. Ma stavolta, a complicare le cose, ci sarebbe proprio la sentenza dell’organo di giurisdizione interno. “Siamo al gioco delle tre carte: la maggioranza prima ha approvato la delibera su nostra pressione, poi il Tribunale della Camera, espressione per lo più sempre dalla stessa maggioranza, l’ha dichiarata illegittima nella parte in cui non prevedeva una scadenza – accusa, sfogandosi con La Notizia, il grillino Riccardo Fraccaro -. Ora si potrebbe fare un’altra delibera con altre motivazioni”. Ma il lavoro istruttorio e l’eventuale proposta all’Ufficio di presidenza, che dovrà poi votare la delibera, deve partire dal Cap. Magari prorogando il blocco il tempo necessario a rinviare la questione alla prossima legislatura.