Alessia Pifferi si difende in aula sulla figlia morta di stenti: “Pensavo che i biberon bastassero”

Alessia Pifferi ha parlato e si è difesa nel processo in cui è imputata di aver ucciso volontariamente la figlia di 18 mesi.

Alessia Pifferi si difende in aula sulla figlia morta di stenti: “Pensavo che i biberon bastassero”

Alessia Pifferi è la donna che ha fatto morire di stenti sua figlia di solo 18 mesi. La 37enne sta affrontando il processo a suo carico e ha parlato davanti ai giudici alla Corte d’Assise di Milano.

Alessia Pifferi si difende in aula

Alessia Pifferi è la donna che è stata arrestata per l’omicidio volontario della figlia Diana fatta morire di stenti a soli 18 mesi, dopo averla lasciata da sola a casa per ben sei giorni. La donna ha parlato in aula alla Corte d’Assise di Milano nel processo a suo carico: “Mi manca mia figlia. Ero orgogliosa di lei, non è mai stata un peso per me“.

Nella sua confessione la donna ha capito il gesto folle di cui è accusata ma anche la sua gravità: Sono pentita. Non pensavo potesse succedere una cosa del genere, anche perché io non ho mai pensato di farla fuori”. 

Sulla figlia morta di stenti: “Pensavo che i biberon bastassero”

La donna nella sua dichiarazione davanti ai giudici ha emesso che anche altre volte decideva di lasciare da sola la figlia: “L’ho lasciata da sola in casa, ma pochissime volte. La lasciavo con il biberon di latte e due bottigliette di acqua e una di the e, quando rientravo, di solito era tranquilla che giocava nel lettino, la lavavo, la cambiavo e le davo la pappa”, ha aggiunto.

“La accudivo come una mamma accudisce normalmente un figlio. Le davo da mangiare, la lavavo e la cambiavo. Cose normali. Se stava male, contattavo l’ospedale. La crescevo”. E ancora; “Non c’è stata alcuna festa del battesimo” per Diana ma “l’ho inventata per fare un’uscita in limousine con il signor D’Ambrosio (il suo ex compagno, ndr)”. “Io mi preoccupavo di mia figlia – ha detto, – ma purtroppo avevo paura delle reazioni del mio compagno. Avevo paura di parlare con lui, era parecchio aggressivo nel verbale. Una volta ha anche cercato di sbattermi contro a un vetro in una discussione. Mi preoccupavo per mia figlia ma al tempo stesso avevo paura di chiedergli di portarmi a casa”. In altri passaggi del suo esame in aula, la donna ha spiegato più volte che per il compagno la bambina “era un intralcio”. E’ ancora: “Diceva che le voleva bene, ma non era vero. Mi ha usata e basta”.

Poi, la donna ha raccontato quando ha trovato la piccola Diana senza vita: “Ho trovato mia figlia nel lettino: sono andato subito da lei, non ricordo se porta era aperta o chiusa. L’ho accarezzata, ma ho visto che non si muoveva e capii che qualcosa non andava: non era in piedi come le altre volte, non giocava”, ha detto. “Non era fredda la bambina. Tentai di rianimarla – ha aggiunto -, le feci il massaggio cardiaco, la presi in braccio e le diedi qualche pacchetta sulla schiena. Provai a bagnarle le manine, i piedini e la testina per vedere se si riprendeva. La rimisi nel lettino e le spruzzai anche dell’acqua in bocca. Vidi che non si riprese e andai a chiamare la vicina di casa”.