Per fortuna, a leggere il testo del disegno di legge presentato in Parlamento, pare non si preveda che venga anche fatto assaggiare agli studenti. Ciononostante per Gianni Melilla e Dario Stefàno è essenziale che i ragazzi delle scuole superiori (parliamo cioè di quella fascia che va dai 13 ai 18 anni) conoscano a menadito il vino. Prima l’uno (a febbraio 2016) e poi l’altro (a maggio), infatti, hanno pensato bene di presentare una proposta che miri alla “Istituzione dell’insegnamento di storia e civiltà del vino”. Certo, che dietro il nettare degli dei ci sia un mondo è cosa risaputa, ma che da qui si passi a una vera e propria materia forse è eccessivo.
Buoni o cattivi – Ma d’altronde non c’è da stupirsi. A scorrere l’elenco della valanga di disegni e proposte di legge presentati da inizio legislatura tra Camera e Senato si trova veramente di tutto. A cominciare dal desiderio spasmodico dei nostri Onorevoli di pensare a una festa praticamente per tutto. Dalla Giornata del Mediterraneo (che vorrebbe il ‘verdiniano’ Francesco Maria Amoruso) alla ricorrenza specifica per “l’internato militare italiano” (idea della dem Marilena Fabbri), fino alla “Giornata nazionale in memoria delle vittime della crisi economica”. Finita qui? Certo che no. Perché c’è chi vuole ricordare, specificamente, le donne impegnate nella Resistenza, chi il popolo armeno, chi i non meglio precisati “Giusti dell’umanità”. Ma c’è anche chi non riesce proprio a dormire senza una festa in onore della battaglia di Lepanto (come l’ex sindaco leghista di Padova Massimo Bitonci) e chi senza una “giornata nazionale del Calendario gregoriano” (il piddino Nicodemo Oliverio). E poi, ancora, ecco la giornata nazionale “delle terme d’Italia” cui ha pensato Edoardo Fanucci (Pd) o l’importantissima giornata “in memoria delle vittime della repressione delle manifestazioni di protesta per il trasferimento della capitale d’Italia da Torino a Firenze”, pensata da Stefano Allasia (Lega). Ma attenzione. Perché la stessa fantasia c’è anche nell’idea di creare albi a più non posso.
Voglia di secessione – Dai pizzaioli ai cuochi, dai generici fisioterapisti ai massofisioterapisti (non sia mai si offendano), dai consulenti filosofici fino ai “funzionari apicali degli enti locali”. C’è poi chi si dedica agli animali e allora, per esempio, chiede che i cavalli diventino “animali da affezione”, chi vuole inserire norme per il riconoscimento dei diritti degli animali anche in Costituzione (Loredana De Petris). Il tocco di genio, però, è di Michela Vittoria Brambilla (Forza Italia) che chiede l’istituzione di un’anagrafe per gatti. Senza, non sia mai, dimenticare la legge per la “disciplina del rapporto tra uomo e cane per la prevenzione delle morsicature”, cui ha pensato Rosa Maria Villeco Calipari. E poi ci sono i separatisti. Una marea di leggi chiedono che il Comune “x” si separi da una Regione e confluisca in quella vicina; o chi chiede che la carta d’identità sia bilingue: italiano e ladino. Ma il non plus ultra viene dalla Sardegna, con Pierpaolo Vargiu (Direzione Italia) che chiede di valorizzare l’identità sarda. Come? Con il riconoscimento di un vero e proprio brand commerciale: “Sardegna Nur. At.”. Cioè “Nuraghi” e “Isola di Atlante”. Ma è a leggere il testo di presentazione che si resta allibiti: da Vargiu sono scomodati anche i Beatles, Dan Brown e Michael Jackson. Così, per non farsi mancare nulla.
Razzi loro – Ma anche spulciando disegni e proposte di legge (20 in tutto) su un altro tema intorno al quale c’è sempre grande dibattito, parliamo della prostituzione, sorprese e curiosità non mancano. Cominciamo subito col dire che nessuna di queste è mai stata discussa in commissione, figurarsi quindi un loro eventuale approdo in Aula. Quel che è certo, passandole sotto la lente di ingrandimento, è che i nostri deputati e senatori hanno una voglia matta di riaprire le case chiuse, quelle che sul finire degli Anni ’50 Lina Merlin chiuse con l’omonima legge ponendo fine all’esercizio legale della prostituzione. Ma questo è niente. I leghisti Roberto Calderoli e Massimo Bitonci (sempre lui), per esempio, hanno voluto spingersi oltre. Arrivando a suggerire visite mediche periodiche a carico delle Asl e persino corsi di formazione e sostegno economico per chi decide di cessare l’attività.
Anche la proposta della senatrice dem Maria Spilabotte, firmata insieme alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, è di per sé rivoluzionaria: prevede infatti che l’esercizio della professione possa essere full time (in questo caso va versata alla camera di commercio una somma di 6mila euro l’anno) o part time (3mila euro l’anno). In più, dicono ancora le due senatrici dem, è “facoltativo” il “certificato di sana e robusta costituzione che escluda la positività a qualunque malattia che potrebbe essere trasmessa per via sessuale”.
Niente in confronto a quanto chiede Antonio Razzi. Nelle intenzioni dell’istrionico senatore di Forza Italia amico del dittatore nordcoreano Kim Jong-un la professione, vietata in luogo pubblico, può essere esercitata “all’interno di una privata dimora o in appositi studi professionali destinati a tale scopo esclusivo”. In due modi: come ditta individuale, in questo caso è obbligatoria l’apertura di “un’apposita partita Iva”, oppure costituendo una cooperativa. Per proteggere i clienti da malattie sessualmente trasmissibili, è il parere di Razzi, “nell’esercizio dell’attività di Oas (Operatore di assistenza sessuale, ndr) è obbligatorio l’uso del profilattico per qualsiasi tipo di prestazione”. Il suo eventuale danneggiamento durante il rapporto “deve essere denunciato, da parte del soggetto che esercita l’attività di Oas, alle autorità sanitarie competenti entro il primo giorno feriale successivo all’evento, con indicazione delle generalità del cliente”. Proprio così c’è scritto.