Sulla Riforma Calderoli lo scontro ormai è aperto. Dopo l’approvazione del testo al Senato ora l’autonomia differenziata passa alla Camera. Cosa dice nel dettaglio? Quali sono i rischi concreti per il Mezzogiorno se passa questo disegno di legge in modo definitivo? A rispondere è Carlo Iannello, professore di Diritto costituzionale all’università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Professore, qual è la prima cosa che rischia il Mezzogiorno con la riforma Calderoli?
“In breve, meno diritti: meno sanità, trasporti, welfare. La parola Mezzogiorno è stata cancellata dalla Costituzione nel 2001, con la riforma del Titolo V. Oggi in Costituzione non ci sono più i riferimenti al Mezzogiorno che i Costituenti, nel 1948, ritennero doveroso inserire. La medesima riforma, dopo aver incrinato il ruolo dello Stato, cui sono state attribuite limitatissime competenze, ed ampliato a dismisura quello delle Regioni, ha anche previsto l’autonomia differenziata. L’art. 116.3, infatti, prevede che le regioni possano ottenere addirittura ulteriori competenze. L’attuazione di questo articolo è nell’agenda di tutti i governi che si sono succeduti dal 2018 ad oggi. Solo che l’articolo 116 è scritto malissimo. Per questo negli ultimi anni si è fatta strada l’idea di una legge che chiarisse come attuare questo articolo. Il ddl Calderoli punta a rendere eseguibile una disposizione costituzionale oscura, ma il cambiamento vero sarà prodotto dalle intese che si realizzeranno fra lo Stato e le singole regioni che chiederanno di avvalersi dell’art. 116.3”.
Sanità e servizi pubblici: quanto pagheranno i cittadini meridionali sui servizi essenziali?
“I cittadini già pagano la dualità economica del paese, perché hanno meno servizi. Nel Sud c’è un deficit di cittadinanza che va dal trasporto pubblico locale alla sanità, dagli asili nido fino a tutte le prestazioni del welfare. La Riforma stabilisce che devono essere fissati i livelli essenziali delle prestazioni nonché la clausola dell’invarianza finanziaria, cioè nessuna regione dovrà avere minori trasferimenti di quelli attuali. Tuttavia non esiste la possibilità pratica di dare attuazione ai livelli essenziali delle prestazioni, che saranno pertanto destinati a rimanere sulla carta. Se tutto va nel migliore dei modi possibili, anche con i Lep le diseguaglianze attuali non si ridurranno di un millimetro. Però, per un giudizio definitivo, attenderei sempre di leggere le previsioni delle intese che le singole regioni stipuleranno con lo Stato”.
Secondo lei queste conseguenze negative per il Mezzogiorno che impatto avranno sull’intero Paese?
“L’intero paese ne risulterà svantaggiato, perché il superamento del dualismo è un preminente interesse nazionale, come riconosciuto dalla stessa Unione Europea. È un’illusione immaginare che in contesto competitivo come quello attuale si possano salvare autonomamente le economie di alcune regioni”.
Per concludere: Napoli e il Mezzogiorno sono sempre più terra di emigrazione e declino demografico. L’autonomia renderà ancora più drammatica la fuga?
“La desertificazione demografica è un aspetto della questione meridionale. Se però, come detto, quest’operazione avrà un effetto negativo per tutto il territorio nazionale, assisteremo nei prossimi anni anche alla meridionalizzazione del Nord.Sul punto destra e sinistra hanno le stesse responsabilità”.