O verrà affidato l’incarico per un Governo di legislatura, stabile e con un programma ben definito, o prima della fine dell’anno si tornerà alle urne. è destinato a concludersi così oggi al Colle il secondo giro di consultazioni. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sentirà i rappresentanti dei principali partiti e poi, alla luce soprattutto di quanto gli riferiranno le delegazioni del Pd e del Movimento 5 Stelle, deciderà. La trattativa tra le due forze politiche non sembra però più particolarmente incerta e ieri sera anche dal Quirinale filtrava un discreto ottomismo sulla possibilità di dar vita a un Conte bis alla guida di un Esecutivo giallorosso, considerando anche che sulla scelta di designare nuovamente due vicepremier, diventato il nodo principale nelle trattative, scetticismo trapela anche dal Colle.
PRIME RISPOSTE. Ieri il Capo dello Stato, dopo aver ascoltato nuovamente i presidenti del Senato e della Camera, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, ha tenuto le consultazioni con i gruppi minori. Ad assicurare al Presidente di voler sostenere i giallorossi sono stati i rappresentanti di Liberi e Uguali e Beatrice Lorenzin. No invece all’Esecutivo formato da Pd e M5S da parte di Maurizio Lupi, mentre resta contraria a un sì senza condizioni, restando così alla finestra, è Emma Bonino. “Occorrono buon senso, coraggio e generosità ma certamente chiarezza sui programmi”, ha dichiarato Loredana De Petris.
“Siamo in situazione di attesa però siamo assolutamente favorevoli alla nascita di un nuovo governo se rispetterà un perimetro più europeista e prenderà in mano la difficile situazione economica del Paese. Poi valuteremo attentamente i contenuti e i programmi”, le ha fatto eco Lorenzin. “Non abbiamo l’abitudine di comprare a scatola chiusa, ci dobbiamo riservare di esprimere un giudizio definitivo quando saranno più chiari gli obiettivi precisi e la composizione del nuovo governo”, ha aggiunto Bonino. La giornata decisiva sarà però quella di oggi. Soprattutto il pomeriggio, quando al Colle saliranno le delegazioni del Pd, di Forza Italia, della Lega e del Movimento 5 Stelle.
LO SCENARIO. Sicuramente sia gli azzurri che i leghisti, nonostante Silvio Berlusconi sia in realtà il primo a non voler andare al voto anticipato, chiederanno un ritorno alle urne, tornando a parlare di centrodestraunito. Ma l’attesa è tutta per le posizioni che prenderanno i dem e i pentastellati. Se non vi saranno colpi di scena particolari, Mattarella potrebbe assegnare infatti il nuovo incarico a Giuseppe Conte già questa sera o al massimo domani. E in tal caso all’avvocato del popolo potrebbe poi essere concesso del tempo per fare le sue consultazioni, completare la lista dei ministri e il programma. Pochi giorni ovviamente, tanto per fare chiarezza anche con i gruppi parlamentari minori che hanno dichiarato di essere disponibili a sostenere un esecutivo di legislatura.
Poi il premier incaricato scioglierebbe la riserva e tornerebbe al Colle per proporre la lista dei ministri a Mattarella. Occorre del resto fare presto. L’Italia deve far fronte agli impegni economici, e dunque al Def e alla legge di bilancio, e a quelli europei, dovendo a giorni proporre il proprio candidato per la Commissione Ue. Ma tutto questo sempre e soltanto se i giallorossi dimostreranno al Capo dello Stato di aver trovato un accordo chiaro. Nel caso in cui Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti non dovessero invece riuscire nell’impresa, Mattarella designerà un premier di “garanzia elettorale” , che non otterrà la fiducia dalle Camere e riporterà gli italiani alle urne, con ogni probabilità a novembre.
Il Presidente del resto appare fermo nella decisione di non consentire all’attuale Esecutivo di dimissionario di essere quello che traghetterà il Paese al voto, lasciando in tal modo anche Matteo Salvini al Viminale consentendogli da una parte di gestire sul fronte istituzionale la partita delle urne e dall’altra di gestirla come leader di quello che attualmente è il partito che nel Paese, seppure in calo, continua a godere dei maggiori consensi. Occorrerà dunque attendere le 19 di oggi, quando Mattarella ultimerà le consultazioni accogliendo la delegazione pentastellata e poi finalmente, e questa volta anche realmente, il tempo delle giravolte dovrebbe essere finito consentendo di comprendere quale sarà il destino del Paese.
Trovate già molte intese. Ma restano altrettanti nodi.
Governo sì, governo no e pure governo forse. Fino al primo pomeriggio di ieri è andata avanti così la trattativa tra Pd e Movimento 5 Stelle. Lunedì sera l’intesa sembrava essere stata trovata. All’apparenza doveva essere solo limato il programma e fatto il punto sui ministri, con il sofferto via libera dei dem a un Conte bis e Ministeri di peso come contropartita, compreso il vicepremier unico e il commissario europeo. Poi tutto si è nuovamente impantanato. E tra conferme e smentite sembra dopo che Luigi Di Maio ha iniziato a insistere per mantenere anche lui un posto da vicepremier e allo stesso tempo ottenere la guida del Viminale. Ma alla fine la situazione si è nuovamente sbloccata e, seppure a tarda sera apparisse ancora forte il malumore in larghe sacche del M5S e lo stesso Di Maio continui ad apparire sfuggente, i rappresentanti delle due forze politiche si sono detti fiduciosi di riuscire a trovare una sintesi. Anche se nulla è scontato.
UN ALTRO CALVARIO. Ieri, anziché discutere tranquillamente di programmi e della squadra dei ministri, per dem e pentastellati è stata un’altra giornata da incubo. Il peso delle correnti interne alle due forze politiche del resto è enorme e i due leader, come già evidenziato nei giorni scorsi, sono apparsi sin dall’inizio i meno convinti dell’opportunità di dar vita a un Governo giallorosso. Alla fine però Nicola Zingaretti, pur cercando in ogni modo di tenersi lontano dall’Esecutivo, ha ceduto alle tante pressioni ricevute. Di Maio invece appare più recalcitrante a sottostare alla volontà della maggioranza dei suoi parlamentari, dello stesso Beppe Grillo e in parte di Davide Casaleggio.
Un Conte bis, con l’avvocato del popolo non più nel ruolo di garante ma di rappresentante del Movimento, per lui significa diventare il numero due. E senza il ruolo di vicepremier in un ruolo ancor più subordinato. Aggiungendo poi la diffidenza di sempre verso i dem, la stessa di buona parte del suo elettorato che ha già fatto partire attacchi a pioggia sui social, Di Maio è sembrato intento soprattutto a far cadere l’intesa più che a costruirla. In mattinata, prima dell’atteso vertice a Palazzo Chigi fissato per le 11, con una nota il M5S ha così sostenuto che l’incertezza vi era da parte del Pd ed era così il caso di attendere per un nuovo faccia a faccia. Zingaretti a quel punto ha convocato la cabina di regia sul programma, per fare il punto.
E tutti i dem si sono trovati d’accordo a dire no a Di Maio ministro dell’interno. “Il Pd sta facendo uno sforzo enorme per dare una risposta al caos creato dai gialloverdi. Salari, ambiente, sanità, scuola, infrastrutture, diritti, sicurezza: confrontiamoci su questo. Basta ultimatum”, ha twittato il coordinatore della segreteria Andrea Martella. Alla fine però Giuseppe Conte ha sbloccato la situazione. “In presenza del presidente Conte non è mai stata avanzata la richiesta del Viminale per Luigi Di Maio, né dal Movimento 5 Stelle né da Di Maio stesso”, hanno fatto sapere da Palazzo Chigi.
VERTICI CONTINUI. Le trattative sono così riprese e il clima, come hanno confermato ieri sera sia dem che pentastellati, sarebbe buono. Si è svolta alla Camera una nuova riunione tra le delegazioni delle due forze politiche ed è andata avanti per un paio d’ore. E questa mattina è previsto un nuovo incontro, mentre alle 10 il Pd terrà la direzione presso l’auletta dei gruppi di Montecitorio. “Il lavoro continua” ha assicurato il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci. “Abbiamo lavorato in buon clima e non abbiamo parlato di nomi. ll Pd ci ha illustrato i suoi punti e noi i nostri”, ha affermato il capogruppo del M5S al Senato, Stefano Patuanelli. A Montecitorio inoltre si è tenuta l’assemblea dei parlamentari pentastellati, mentre a Palazzo Chigi si sono riuniti Di Maio, Patuanelli e D’Uva. “Il Governo dobbiamo farlo. Per il bene del Paese, questo e altro”, ha dichiarato il ministro della difesa, Elisabetta Trenta. Ma qualche rischio c’è sempre. Da Di Maio che insiste sul vicepremier al voto su Rousseau.