di Angelo Perfetti
Condannati a pagare. Sempre. I cittadini italiani, già oberati di tasse, gabelle e accise, devono accollarsi anche i costi delle inadempienze di enti governativi che – lo dice l’Unione Europea – non fanno correttamente il proprio mestiere. E non parliamo di pochi spiccioli, ma di centinaia di milioni di euro. E’ il caso dell’Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, già finita tempo fa nella bufera per la questione delle quote latte, diventata un caso politico nazionale e un caso economico internazionale. La Commissione europea nel solo 2012 ha comminato sanzioni (tecnicamente ha “escluso dal finanziamento dell’Unione europea”) all’Italia per un ammontare di 163 milioni 755.795 euro. Soldi che vengono decurtati dai fondi a disposizione delle aziende italiane che hanno richiesto aiuti europei e che, avendo quest’ultime comunque diritto a quei finanziamenti, devono essere recuperati facendo capo al Bilancio generale dello Stato, cioè alle tasche dei cittadini.
La Corte dei Conti
Lo conferma una “Relazione Speciale” della Corte dei Conti, nella quale parlando della necessità di ridurre situazioni di inidoneità o inefficienza programmatoria e conseguentemente attuativa, si ricorda come l’onere del mancato recupero esclusivamente sullo Stato Italiano, destinando risorse nazionali ad interventi diversi da quelli programmati. Il Reg. 2035/2005 dà una definizione di “irregolarità” come “qualunque violazione di una disposizione del diritto comunitario, derivante dall’azione od omissione di un operatore economico, che ha o avrebbe l’effetto di arrecare un pregiudizio al Bilancio generale della Comunità Europea attraverso l’imputazione al Bilancio comunitario di una spesa indebita”. Attenzione però, che qui arriva un passaggio fondamentale. L’Ue chiede agli Stati membri di vigilare secondo alcuni rigidi parametri di sicurezza, introducendo un principio che sta fortemente penalizzando il nostro Paese: il cosiddetto pericolo di danno. In buona sostanza si chiede agli Stati membri – e ai loro organi pagatori (oltre all’Agea in Italia ne abbiamo altri dieci, tutti facenti capo a livello di comunicazioni finali con Agea stessa, l’unica titolata ad interfacciarsi con Bruxelles) – non solo la segnalazione tempestiva dei fenomeni accertati ma anche che l’intero ciclo sia monitorato adeguatamente. Le norme del diritto comunitario che tutelano gli interessi finanziaria della Comunità si fondano quindi su due cardini: da una parte la violazione di una norma comunitaria, dall’altra l’esistenza anche solo potenziale di un danno. Esistenza che controlli insufficienti possono innescare.
Le sanzioni all’Italia
Ecco allora che scorrendo l’elenco – in possesso de La Notizia – delle decisioni europee, si scopre che l’Italia viene sanzionata per una serie impressionanti di motivazioni, che cozzano con l’idea di controllo non solo alla base delle norme comunitarie ma con il buon senso rispetto all’esistenza stessa di un organismo pagatore: carenze nei controlli, pagamenti tardivi, superamento del cofinanziamento, lacune nel calcolo dei diritti all’aiuto, mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 25 paragrafo 1 del regolamento CE n.796/2004, controlli in loco tardivi, controlli insufficienti sul rendimento della produzione, carenze nel sistema dei controlli amministrativi e contabili.
E stavolta non si parla solo di latte, ma anche di olio, pomodori, vigneti; quanto di più connaturato alla produzione agricola nazionale.
Le sanzioni 2012, però, sono solo le ultime di una serie che inevitabilmente fa porre qualche domanda: come mai non si riesce a ottemperare a quelle indicazioni che l’Europa ogni anno continua a segnalare all’Agea? C’è un meccanismo di responsabilità per cui i gestori degli organi pagatori che provocassero inutili spese allo Stato, e dunque ai cittadini, siano chiamati a risponderne? E, nel caso dell’Agea, quanto ci costa questo controllo che poi così efficace, alla luce di quanto commina l’Unione europea, non è?
A quest’ultima domanda possiamo già fornire una parziale risposta. Nel bilancio di previsione 2012 e in quello 2013 l’Agea ha previsto, per il solo gruppo dirigente (Direttore unico e Consiglio di Amministrazione) competenze rispettivamente per 560.000 euro e 550.000 euro. Un milione di euro circa in due anni divisi tra indennità, spese e rimborsi.
Le indagini
E’ un periodo nero per l’agricoltura nazionale. Non solo piovono sanzioni a raffica dall’Unione europea, ma il settore è anche al centro di indagini della Guardia di Finanza.
NeI primi giorni di marzo una pattuglia di uomini delle Fiamme Gialle, su ordine della Procura di Roma, ha effettuato una visita al Sin (Sistema Informativo Nazionale per lo sviluppo dell’Agricoltura) – organismo che gestisce il Sian (Sistema informativo agricolo nazionale) e che appartiene al 51% ad Agea – acquisendo faldoni riconducibili ad alcune operazioni che la società ha posto in essere negli ultimi anni.
La direttiva ministeriale
Non è un caso che nel gennaio scorso il ministro per le Politiche Agricole, alimentari e Forestale Mario Catania abbia emanato una Direttiva sull’azione amministrativa dell’Agea che ha per oggetto la gestione del Sin.
Il Ministro chiede “un assetto dirigenziale coerente con gli obiettivi da realizzare e improntato alla massima trasparenza e professionalità”, nonché chiede ad Agea di impartire “specifiche direttive alla società controllata in ordine alla sostanziale eliminazione di ogni spesa di rappresentanza e al contenimento delle spese di missione riconducendoli alle modalità e ai limiti previsti”. Come dire: i controllori hanno biasogno di essere controllati.