Per contrastare efficacemente chi cerca in maniera illecita di mettere le mani sui finanziamenti concessi grazie al Decreto liquidità occorrono strumenti efficaci di contrasto. E al momento non c’è un articolo del codice penale particolarmente utile per consentire alla magistratura di contrastare i possibili affari delle mafie e di altri profittatori. Lo ha sostenuto ieri, nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni riunite finanze e attività produttive alla Camera, il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, chiedendo ai parlamentari di provvedere a colmare tale lacuna. Il magistrato ha specificato che sul Decreto liquidità alle imprese è necessario “aumentare la risposta repressiva dello Stato, prevedendo reati adeguati alla gravità del momento e alla gravità di un’appropriazione indebita di denaro di cui lo Stato non si può permettere il lusso”.
Il procuratore capo di Milano ha quindi evidenziato l’importanza di prevedere un sistema a tutela anche delle banche che erogano i prestiti. “L’allocazione del finanziamento dello Stato deve avvenire con la massima velocità – ha precisato Greco – ogni ritardo pregiudica l’effetto sperato. Per questo serve la massima tutela degli intermediari finanziari, che in questa fase agiscono come pubblici ufficiali”. Banche da garantire al massimo affinché non rischino compromissioni con eventuali azioni penali a carico dei soggetti che ricevono il finanziamento. “Per garantire la massima sicurezza – ha aggiunto Greco – occorre prevedere una seria autocertificazione, che non sia sottoposta a vincoli o limiti ma riguardi requisiti finanziari, fiscali e reputazionali”.
Sul fronte dell’autocertificazione è stata così auspicata un’autocertificazione molto dettagliata, che attribuisca la responsabilità delle dichiarazioni al soggetto che le rende, ovvero all’imprenditore che chiede i prestiti garantiti dallo Stato, prevedendo anche, alla fine del finanziamento, una rendicontazione dell’utilizzo di queste somme. Per il resto, secondo il procuratore capo di Milano, le Procure sono più che attrezzate a vigilare contro eventuali illeciti, senza la necessità di creare ulteriori strutture che potrebbero solo complicare l’attività di monitoraggio e contrasto a reati commessi nell’ambito dei finanziamenti garantiti. “Sono perplesso dalla creazione di passaggi intermedi non usuali nel sistema già rodato in questa materia di antiriciclaggio – ha evidenziato Greco – sono perplesso sulla creazione di percorsi nuovi che in un periodo di emergenza non vale la pena di sperimentare perché hanno bisogno di essere verificati adeguatamente.
Questo è il momento in cui lo Stato può rispondere bene con le sue strutture già adeguate, perché la normativa anti riciclaggio e la capacità di intervento è ottima”. Inquirenti dunque perfettamente in grado di bloccare eventuali assalti ai finanziamenti da parte delle mafie, soprattutto sfruttando le capacità e l’organizzazione delle Procure distrettuali. “Quello che vorrei che si comprendesse – ha infatti concluso il procuratore capo di Milano – è che il terminale sono le Procure, forse una meditazione sul fatto che sarebbe opportuno ridurre la platea delle Procure nell’intervento su questi reati andrebbe fatta. Le Procure distrettuali hanno già l’organizzazione per affrontare questo tipo di operazioni”.