Un vertice allargato, quello convocato ieri da Mario Draghi a Palazzo Chigi, in vista della riunione straordinaria del G7 di oggi pomeriggio dedicata alla crisi in Afghanistan. Con i ministri degli Esteri e della Difesa Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini – che oggi sono attesi in Commissione Esteri per relazionare sulla crisi afghana – e col sottosegretario con delega alla Sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli e il direttore generale del Dis Elisabetta Belloni, il premier ha discusso degli ultimi sviluppi della situazione, della corsa contro il tempo per completare il piano di evacuazione dei nostri connazionali, collaboratori e dei loro familiari e sui rischi per la sicurezza dell’Italia.
Temi al centro anche dell’audizione davanti al Copasir del direttore dell’Aise, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, il generale Giovanni Caravelli (nella foto a sx con Urso) che si è tenuta ieri: il timore degli 007 è che il Paese possa tornare in breve tempo ad essere un laboratorio dell’estremismo jihadista. Il numero uno dell’Aise, che in Afghanistan ha lavorato in passato da “operativo” e quindi conosce bene il territorio e le sue dinamiche, ha esaminato e illustrato in due ore di confronto con i componenti del Comitato di controllo sull’Intelligence presieduto da Adolfo Urso (nella foto a dx) le conseguenze della nascita dell’Emirato islamico anche in riferimento alle attività delle organizzazioni terroristiche che hanno consolidate basi operative sul territorio afghano.
I nostri servizi segreti stanno inoltre svolgendo un’attività di monitoraggio delle operazioni di evacuazione, una sorta di “screening” in coordinamento con i colleghi statunitensi e britannici, al fine di scongiurare il rischio che tra di profughi che in questi giorni stanno sbarcando a Fiumicino grazie al ponte aereo si possano nascondere potenziali terroristi, ovviamente una minaccia per la sicurezza interna. Preoccupazione, peraltro, già espressa dallo stesso premier Draghi e da molti leader europei, in primis Macron e Merkel.
Che i talebani possano dare ospitalità ancora una volta ad Al-Qaeda è più che una supposizione da parte di molti analisti internazionali e funzionari militari americani. Nell’accordo di pace firmato con gli Stati Uniti lo scorso anno, i talebani si erano impegnati a combattere il terrorismo e a impedire che l’Afghanistan tornasse ad essere una base per il terrorismo internazionale. Ma alla luce degli ultimi eventi appare chiaro che gli Usa hanno poca influenza per imporlo.