Una settimana fa l’attentato all’Hotel Intercontinental, nel cuore di Kabul, con 43 morti. Pochi giorni dopo il commando Isis in azione alla sede della ong Save The Children a Jalalabad City: un agguato che è costato la vita a 6 persone. Sabato scorso l’offensiva talebana con il terribile attentato messo a segno con una ambulanza imbottita di esplosivo: 103 morti e quasi 200 feriti. Un “massacro”, come l’hanno definito dal centro afghano di Emergency. L’ennesimo. Cui ne è seguito, ieri, ancora un altro: un commando di 5 uomini ha attaccato una base militare a Kabul, l’accademia militare nella zona ovest della capitale afghana: il bilancio è di almeno 11 soldati uccisi e di oltre 10 feriti, per mano, ancora una volta, degli jihadisti dell’Isis. Eppure la coalizione occidentale, capeggiata dagli Stati Uniti, avrebbero dovuto risolvere le faide interne all’Afghanistan ed “esportare la democrazia” in terra. E invece oggi assistiamo a una guerra nella guerra, con i talebani contro Isis per il controllo del territorio. Entrambi predicano la sharia, la legge islamica, ma il Califfato non riconosce Stati né confini nazionali, mentre i talebani sono nazionalisti che vogliono trasformare il proprio Paese. Una differenza dottrinale fondamentale, dietro cui, però, si nasconde l’interesse più prosaico e criminale, connesso al mercato illegale dell’oppio.
L’ecatombe afghana – La domanda, allora, nasce spontanea: cosa è cambiato dopo quasi diciassette anni di guerra? A rispondere è stato l’osservatorio per le spese militari, Milex, lo scorso ottobre, che ha realizzato un report molto dettagliato sulla guerra in Afghanistan. Secondo le stime più attendibili (che sono da considerarsi per difetto, ovviamente), dall’inizio dell’intervento occidentale in Afghanistan sono oltre 140mila i morti: circa 65mila sono combattenti talebani, 37mila soldati afghani e 35mila si considera siano civili. Cui, si aggiungono, peraltro, le vittime indirette, quelle cioè dovute alle precarie condizioni di vita legate al conflitto: queste sarebbero, secondo uno studio della Brown University e riportato nel dossier, cica 360mila. Insomma, un’ecatombe. Che tocca soprattutto i minori: secondo l’Unama (United Nations Assistance Mission in Afghanistan), riporta ancora MIlex, “il numero ufficiale delle vittime civili è in particolare aumento, in particolare tra i bambini: negli ultimi sette anni (2009-2016) è triplicato il numero dei bambini uccisi e sestuplicato quello dei bambini feriti”.
Soldi insanguinati – E allora la domanda resta: cos’hanno determinato sedici anni di guerra? Spese, senz’altro. A fare il conto di quanto abbiamo speso è stato ancora Milex: dal 2001 ad oggi abbiamo sborsato ufficialmente per le varie missioni internazionali che si sono succedute in Afghanistan 6,3 miliardi di euro, cui si aggiungono altri 360 milioni a sostegno delle forze armate afghane e circa 900 milioni di spese aggiuntive tra trasporto mezzi, costruzione basi militari e supporti operativi. Totale: 7,5 miliardi di euro. A conti fatti, 1,3 milioni di euro al giorno; 55mila euro ogni ora trascorsa. Da sedici anni a questa parte. Eppure, come qualcuno ricorderà, Matteo Renzi, col placet della ministra della Difesa, Roberta Pinotti, nel 2015 prometteva che l’anno successivo il contingente italiano si sarebbe ritirato. E invece? E invece niente. Anzi: nel 2017 quello italiano è stato il comparto più numeroso in assoluto dopo quello statunitense (7.177 militari). Il nostro Paese, infatti, è stato impegnato con 900 unità a dispetto, ad esempio, dei 392 inglesi o dei 740 tedeschi. E per il 2018? Stesso contingente (anche se mira a scendere a 700 militari a fine anno), più 145 mezzi terrestri e 8 aerei, per una spesa che supera i 100 milioni di euro da gennaio a settembre, prima di un più che probabile nuovo finanziamento. Finita qui? Ovviamente no. Dei 236 milioni di euro stanziati per la “cooperazione allo sviluppo”, la fetta più grande della torta – 120 milioni, praticamente la metà – sarà destinato alle “Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia”. Insomma, altri 220 milioni di euro. Per una guerra il cui senso resta ancora da capire.
Tw: @CarmineGazzanni