Una stangata da 850 euro medi l’anno. Che riguarda 600mila famiglie. L’aumento della tassa sugli affitti brevi, decisa dal governo Meloni con la manovra, pesa sugli italiani e sulla seconda casa. Una mossa che, peraltro, non risolve in alcun modo il problema della disponibilità degli alloggi nelle grandi città.
La denuncia arriva da Aigab, l’Associazione italiana gestori affitti brevi, con riferimento all’innalzamento della cedolare secca per gli affitti brevi dal 21% al 26%. La tassa peserà sulle famiglie che, in molti casi, affittano le abitazioni non per lucro quanto per poter mantenere le abitazioni stesse.
Affitti brevi, i numeri sulle seconde case
Secondo i dati forniti da Aigab sono 9,5 milioni le seconde case non utilizzate in Italia. Ma quelle messe a reddito con gli affitti brevi, con annunci online, sono solamente 632mila. Molto spesso peraltro non viene fatto solo per turismo, ma anche per lavoro, studio e assistenza ai degenti, fornendo quindi anche una soluzione (ovviamente solo parziale) alla carenza degli alloggi per queste categorie.
In totale, quindi, solo l’1,8% delle case esistenti in Italia (su 35 milioni complessive) viene usato per affitti brevi. Il 6,6% delle seconde case inutilizzate. Seconde case che si trovano soprattutto nelle località di campagna e di mare o nei borghi, secondo le stime Aigab.
Nelle grandi città, invece, ben il 15% delle abitazioni risulta sfitto. Secondo l’Associazione con questa tassa più alta il governo “impoverisce la classe media”. Con, inoltre, un possibile contraccolpo sull’indotto in termini di investimenti per le ristrutturazioni e ricadute sul settore delle imprese di costruzioni, degli architetti e dei fornitori di arredi.
Chi paga l’aumento della tassa sugli affitti brevi
Il 96% delle case messe a reddito in Italia con affitti brevi riguarda proprietari singoli. Parliamo di 600mila famiglie che per mantenere la seconda abitazione decidono di ricorrere agli affitti brevi, di fatto molto spesso soltanto per potersi permettere la seconda casa. Con l’aumento della cedolare secca, quindi, si disincentivano gli investimenti e le seconde case rischiano di rimanere chiuse, con una stangata media da 850 euro l’anno.
L’altro rischio, denunciato dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, è quello dell’aumento del sommerso. Tanto da parlare di un “errore grave” del governo, che “porterebbe pochi spiccioli nelle casse dello Stato” e non disincentiva gli affitti brevi, ma “l’unico effetto della norma sarebbe la crescita del sommerso”.
Il solito favore agli albergatori
Di fatto, il governo fa un altro favore agli albergatori, eliminando o mettendo in difficoltà parte della concorrenza. Gli albergatori esultano dopo aver lamentato l’esplosione del numero di alloggi offerti ai turisti.
Secondo i calcoli di Federalberghi, il comune che offre più alloggi su Airbnb è Roma, con 27.389 annunci. Seguono: Milano 23.656, Firenze 12.117, Napoli 9.353 e Venezia 8.130. Evidentemente ancora non abbastanza, considerando la carenza di alloggi tanto per i turisti quanto per studenti e lavoratori nelle grandi città.