A New York per cercare il colpo di prestigio internazionale, quello che finora gli è sempre mancato, a meno di voler considerare Federica Mogherini un grande successo italiano nel mondo. Matteo Renzi giovedì e venerdì sarà alla riunione dell’Onu sui cambiamenti climatici, ma negli incontri “a margine” tenterà di convincere più capi di Stato possibile a votare per l’Italia il prossimo 28 giugno, quando l’Assemblea generale dell’organizzazione guidata dal sudcoreano Ban Ki-moon dovrà scegliere i rappresentanti non permanenti nel Consiglio di Sicurezza. Per l’area europea sono in lizza tre nazioni: l’Olanda, la Svezia e, appunto, l’Italia. Che non parte favorita per una ragione di soldi: i due Paesi del Nord spendono oltre l’1% del loro Pil in aiuti internazionali allo sviluppo, mentre l’Italia ha tagliato il suo budget per anni, anche se ultimamente Renzi lo ha portato a circa 4 miliardi e siamo pur sempre l’ottavo contributore Onu.
Il Consiglio di Sicurezza può contare su cinque rappresentanti inamovibili (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) e su cinque che invece sono affidati a rotazione ogni due anni (oggi sono Angola, Malesia, Nuova Zelanda, Spagna e Venezuela). Per ottenere il posto di membro non permanente uno Stato deve conquistarsi i voti dei due terzi dei 193 Paesi che aderiscono all’Onu.
TERZETTO – Renzi ha messo nel mirino la casella che spetta all’Europa già dall’anno scorso e al raggiungimento dell’obiettivo lavorano, insieme a lui, l’ambasciatore presso l’Onu, Sebastiano Cardi e il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Una mano la sta dando anche Sergio Mattarella, che a metà febbraio è andato in visita al palazzo di Vetro, dove ha avuto vari incontri, compreso un colloquio con Ban Ki-moon. Su questa partita, tuttavia, fonti diplomatiche spiegano che il segretario generale conta poco. Quello che può risultare decisivo sono i rapporti bilaterali che uno Stato-candidato è capace di intavolare.
DONAZIONI – Il nostro premier gioca la partita in prima persona e questo spiega i continui viaggi in Africa. I voti di quel continente sono fondamentali per le ambizioni italiane, che si reggono non solo sui soldi della cooperazione, ma anche sulle relazioni di Eni in Nigeria e Nord Africa. Renzi è poi convinto di avere in tasca anche molti voti in America Latina e questo spiega il suo ottimismo. Perchè con i suoi collaboratori più stretti si è lasciato andare a previsioni in rosa. Tuttavia la partita è abbastanza complicata. Olanda e Svezia hanno cambiato strategia nel dar soldi: finanziano progetti bilaterali (che portano voti e visibilità) e hanno ridotto le donazioni indirette ai programmi internazionali. E le aree di influenza, alla fine, sono queste: Europa e Africa per la Svezia; Europa e Asia per l’Olanda. La speranza di Roma è che il nostro essere in prima linea su migranti e Libia conti qualcosa.