Il nuovo corso della Rai targata Meloni che non ha nessun altro obiettivo se non quello di un vendicativo repulisti ora ci sta ripensando. L’ultima voce è il ritorno di Flavio Insinna (malvisto per la sua passione per i diritti umani) che starebbe per riprendere al timone de “L’eredità”, la trasmissione destinata inizialmente a Pino Insegno se non fosse per gli sconcertanti risultati raccolti fin qui.
Il nuovo corso della Rai targata Meloni che non ha nessun altro obiettivo se non quello di un vendicativo repulisti ora ci sta ripensando
La nuova “egemonia culturale” sognata dalla destra si sbriciola di fronte ai numeri. I vecchi protagonisti dell’azienda di Stato saranno stati anche politicamente antipatici ma hanno una qualità piuttosto indispensabile per lavorare in televisione: vengono guardati. Il punto è che per proporre un’alternativa bisognerebbe averne una traccia in tasca mentre la gestione Rai evidenzia (come in molti altri settori) l’unica volontà di demolire senza avere i materiali per ricostruire a loro immagine e somiglianza.
È la caratteristica di questa destra meloniana: funziona solo nella parte dell’oppressa sempre in guerra con nemici guidati da poteri oscuri, ma quando si ritrova a ottenere le redini non conosce altre maschere se non quella dell’opposizione “dura e pura”. Così in televisione come in Parlamento si assiste a una quotidiana litania lamentosa in cui l’unico appuntamento consiste nel ricordare quanto gli altri siano brutti, sporchi e cattivi.
Come ha detto qualche giorno fa lo scrittore Nicola Lagioia, “si fa un gran parlare di egemonia culturale, ma possiamo star tranquilli. Per quanto il ministro si possa adoperare non è per decreto che si può trasformare Giulio Base in un regista più importante di Marco Bellocchio o Marcello Veneziani in Carlo Ginzburg”.