Spero proprio che il voto in Abruzzo dia un’altra lezione al governo Meloni, dopo la batosta in Sardegna. Cosa dicono i sondaggi?
Elvira De Mutiis
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Gentile lettrice, sebbene io abbia forti legami con l’Abruzzo e vi abbia stabilito il mio buen retiro – per l’esattezza a Giulianova, sul mare – le confesso che non mi sono mai addentrato granché nella politica regionale, ma qualcosa so. I sondaggi, prima del silenzio preelettorale, parlavano di un esiguo vantaggio dell’uscente Marco Marsilio (FdI) con il 50,4% contro il 49,6% di Luciano D’Amico, candidato di 5Stelle, Pd e tutto il centrosinistra. Riassumo in due righe il curriculum di Marsilio. Al contrario di D’Amico, non è abruzzese: è romano della Garbatella e intimo della Meloni. I due si conobbero quando la ragazza diplomata alla Scuola alberghiera fece da badante alla madre di Marsilio. Lui era presidente del Fronte della gioventù romano e forse fu lui a introdurre la giovane nell’ambientino del neofascismo. Favore ricambiato quando lei lo catapultò in Abruzzo, regione di cui Marsilio era un grosso esperto e infatti disse che era “affacciata su tre mari”, mentre qui se ne vede uno solo, ma forse gli altri due se li è fregati Conte. Per 5 anni ha guidato la regione per lo più da remoto, da casa sua a Roma. Questo non gli ha impedito di creare un disavanzo nella Sanità di 150 milioni né di far approvare, il 29 dicembre alle 2 di notte, la cancellazione di mille ettari della riserva del Borsacchio, terreni affacciati su spiagge incontaminate che potrebbero presto diventare aree edificabili generando, guarda un po’, miliardi in affari speculativi.
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