Abolire l’Obamacare, prima di tutto. E poi: meno ambientalismo e più espulsioni degli stranieri privi del permesso di soggiorno. Senza dimenticare l’incognita della politica estera: cosa succederà fuori dai confini nazionali, in particolare nei rapporti con la Russia di Vladimir Putin? Sul suo profilo Twitter, Donald Trump si definisce “President-elect of the United States”. Il tycoon entrerà in carica il 20 gennaio 2017, ma dalle parole pronunciate durante la campagna elettorale – spesso delle vere e proprie sparate – si capisce molto di quello che sarà il nuovo corso della Casa Bianca con lui al comando. A cominciare dai primi 100 giorni.
INDIETRO TUTTA – L’intento dichiarato di Trump è quello di fare a pezzi, fin da subito, buona parte di ciò che è stato costruito da Barack Obama. Prima fra tutte la riforma sanitaria del 2010 che ha tentato di ampliare la fascia di protezione della popolazione americana. Trump è stato netto. “Quando vinceremo e avremo eletto un Congresso a maggioranza repubblicana”, ha garantito in vari comizi, “saremo in grado di abrogare e sostituire immediatamente l’Obamacare. Chiederò al Congresso di convocare una seduta straordinaria per rimpiazzarlo, deve essere sostituito con qualcosa di migliore”. Ancora più radicale è la posizione sull’immigrazione, a cominciare dal muro con il Messico, che in parte esiste già, e dal tema dei musulmani (“non possono entrare”). Il motto è: “Gli immigrati illegali devono andarsene”. Più volte il magnate ha prefigurato l’uscita dal paese di 6 milioni di persone: ipotesi difficilmente realizzabile viste le ricadute economiche negative.
NUOVI ACCORDI – Un’altra partita fondamentale è quella che riguarda i trattati commerciali. Una delle prime mosse del nuovo inquilino dello Studio Ovale sarà la rinegoziazione del Nafta, il trattato di libero scambio con Messico e Canada. Posizione condivisa anche dal governo canadese. Che proprio ieri, per bocca dell’ambasciatore David MacNaughton, ha spiegato come “qualsiasi accordo commerciale” possa essere “migliorato”. Perciò “saremmo felici di sederci e parlare”. In questo contesto non va poi dimenticato il Ttip, l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra Ue e Stati Uniti, a cui Trump ha dichiarato guerra da tempo. Sul fronte ambientale, invece, uno dei punti principali della politica trumpista è quello che riguarda gli accordi di Parigi sulla riduzione dei cambiamenti climatici, che egli vorrebbe stracciare (uno dei pochi aspetti su cui ha il totale appoggio del Gop). “Il cambiamento climatico è un’invenzione dei cinesi”, ha spiegato a marzo: “Questa bufala deve finire”.
OLTRE CONFINE – Tutta da definire è invece la “nuova” politica estera Usa. Uno dei capitoli più delicati è certamente il rapporto con la Russia, ridotto al minimo storico da trent’anni a questa parte. Per non parlare della Cina. Nei giorni scorsi, proprio a La Notizia, l’ex ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata ha spiegato che Trump “vuole dichiarare la Cina come un ‘manipolatore della moneta’, il che vuol dire aprire una guerra commerciale con i cinesi di cui Italia e Ue potrebbero fare le spese”. Non proprio un inizio rassicurante.
Tw: @GiorgioVelardi