C’era un tempo in cui Giorgia Meloni era a capo di un nugolo di politici, Salvini incluso, che tutti i giorni sparavano contro George Soros. La colpa di Soros sarebbe di essere ricco ma soprattutto di utilizzare i suoi soldi per condizionare le democrazie. I soldi che condizionano le democrazia sono un tema serissimo, in effetti. Non avevano torto. Non si capisce però perché Giorgia Meloni qualche mese dopo, a capo del governo italiano, abbia deciso di fare la valletta di un altro ricchissimo: Elon Musk. Musk come Soros è tra gli uomini più ricchi del pianeta. Musk a differenza di Soros si è intestato la missione di condizionare le elezioni Usa e di indirizzare la politica europea.
Par di capire quindi che per Meloni (e compagnia cantante) il problema non siano i condizionamenti della politica ma siano più banalmente i condizionamenti contrari alle politiche che vorrebbero. Sembrava una questione etica e invece è una malinconica zuffa tra tifosi. Peccato. Non è l’unica inversione. Meloni in gita a New York per ritirare il premio della sagra dei sovranisti ha inscenato con il capo di Tesla anche un simpatico siparietto su nazione e patriottismo che secondo la premier significherebbero “uno stato d’animo a cui si appartiene”. Sarà per questo che il sudafricano bianco Elon Musk non le suscita le stesse preoccupazioni di quelli più poveri e scuri. Questioni di stato d’animo, non di Stati con la maiuscola. Meloni ha anche parlato di un “esercito di troll stranieri e maligni che è impegnato a manipolare la realtà e sfruttare le nostre contraddizioni”. Musk si sarà sentito chiamato in causa, pensando che la presidente si riferisse al suo X ex Twitter. Invece era solo uno stato d’animo.