Dobbiamo spendere di più – molto di più – per le armi, perché presto ne avremo bisogno e non si è mai abbastanza preparati. E non importa se useremo i soldi destinati alle pensioni o alla salute. Qui in gioco c’è la nostra sopravvivenza. Parola del segretario generale della Nato, Mark Rutte, che ieri parlando ad un convegno organizzato da Carnegie Europe, think tank diretto da Rosa Balfour, si è lanciato in una perorazione bellicista, degna del “Dottor Stranamore”.
Rutte: “Il pericolo si sta muovendo verso di noi”
“Oggi come Nato la nostra deterrenza è buona, ma quello che mi preoccupa è il domani”, ha esordito Rutte, “Non siamo pronti per quello che sta arrivando verso di noi, tra 4-5 anni. Il pericolo si muove verso di noi a grande velocità e non dobbiamo voltarci dall’altra parte”. “Dobbiamo affrontarlo”, ha continuato, perché “quello che sta succedendo in Ucraina potrebbe succedere anche qui. A prescindere dall’esito della guerra, non saremo al sicuro nel futuro, a meno che non siamo preparati ad affrontare il pericolo”. Del resto, dice Rutte, “Russia e Cina corrono, e noi rischiamo di rimanere indietro…”.
Servirebbe molto di più del 2% del Pil
Ma per essere “preparati”, bisogna spendere. E tanto… Gli alleati Nato nel 2014 “hanno concordato di investire” una somma pari ad “almeno il 2%” del Pil nella difesa”, ha ricordato il segretario, “ma posso dirvi che avremo bisogno di molto di più del 2%”. E non importa se quei soldi saranno sottratti alla sanità, al lavoro, alla sicurezza sociale, del resto, per Rutte, qui stiamo parlando di sopravvivenza…
Soldi sottratti a sanità, pensioni e ambiente
“So che spendere di più per la difesa significa spendere di meno per altre priorità”, ha infatti spiegato, ma per “rafforzare la difesa e preservare il nostro stile di vita” serve solo una “piccola parte” delle somme “che gli Stati europei spendono per le pensioni, la sanità e la previdenza”.
E, per il segretario Nato, non bisogna farsi spaventare da quanti possono obiettare. Anzi, bisogna avere il pugno di ferro, perché difendere la necessità di spendere per le armi “richiede leadership politica e può essere difficile e rischioso nel breve termine, ma è assolutamente essenziale nel lungo termine. Alcuni vi diranno il contrario. Pensano che una difesa forte non sia la via per la pace: si sbagliano. Senza una difesa forte, non c’è sicurezza durevole. E senza sicurezza non c’è libertà per i nostri figli e nipoti, non ci sono scuole, non ci sono ospedali, non ci sono imprese. Non c’è nulla”.
Un discorso che fa il paio con quello fatto pochi giorni fa dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che lamentava il mancato raggiungimento del 2% di spesa per la Difesa, da parte dell’Italia.
“L’industria delle armi non è come l’industria della droga”
Tuttavia (bontà sua) per il belligerante segretario Nato lo sforzo deve essere distribuito tra tutte le componenti sociali, per questo “è semplicemente inaccettabile che banche e fondi pensione rifiutino di investire nella Difesa”. “L’industria delle armi”, ha tenuto a puntualizzare “non è nella stessa categoria del traffico di droga. Investire nella Difesa è un investimento nella nostra sicurezza. È un dovere. È vero che spendiamo per la difesa ora più di quanto non facessimo dieci anni fa, ma spendiamo ancora molto meno rispetto alla Guerra Fredda”.
Più soldi alla Difesa, ma non perché ce lo chiede Trump
E tutto ciò, ha infine tenuto a chiarire Rutte, non dipende dal ritorno al potere di Donald Trump. Sia chiaro! “Ho fatto visita a Trump un paio di settimane fa e non si è parlato affatto” dell’idea di voler lasciare la Nato, anche se “lui vuole assicurarsi che gli Stati Uniti non stiano spendendo troppo”. Il problema è che “noi non stiamo facendo abbastanza. Ricordo quando è diventato presidente abbiamo speso 640 miliardi in più rispetto a prima del suo arrivo”. Sempre troppo poco, però. Visto che dal 2014 “l’aumento della spesa del Pil verso il 2% è stato molto lento”.
“Il punto è questo”, ha infine concluso Rutte, “non voglio spendere di più perché lo vuole lui (Trump, ndr), dobbiamo spendere di più, perché i nostri deterrenti sono in gioco, perché la nostra difesa collettiva non è quella che dovrebbe essere e perché siamo in vera difficoltà. Ma Trump ha ragione: dobbiamo fare di più”.