Da qualche tempo dalle nostre parti gira una voce, parecchio interessata, che dipinge l’Arabia Saudita come capitale del Rinascimento arabo. A sostegno di questa strampalata idea si dice che le donne dalle parti di bin Salman si starebbero occidentalizzando (qualsiasi cosa significhi questo paternalistico aggettivo applicato agli altri) e la frase più ripetuta è che “addirittura guidano”.
Manahel al-Otaibi ha 29 anni, è un’istruttrice di fitness e da anni è anche un’attivista per i diritti delle donne. Il 9 gennaio 2024 è stata condannata a 11 anni di carcere per “reati di terrorismo” in un processo segreto. Era stata arrestata due anni prima e accusata di aver violato la legge contro i reati informatici. Le prove dei suoi “crimini” erano dei tweet a sostegno dei diritti delle donne e delle sue foto su Snapchat mentre era al centro commerciale senza l’abaya, la tunica tradizionale che devono usare le donne saudite per coprirsi il corpo. Manahel al-Otaibi è stata sottoposta a sparizione forzata tra il 5 novembre 2023 e il 14 aprile 2024, giorno in cui ha finalmente potuto contattare la sua famiglia e raccontare di essere stata tenuta in isolamento nella prigione di al-Malaz, di essersi rotta una gamba dopo essere stata brutalmente picchiata mentre era in custodia e di non avere accesso a cure mediche.
Secondo i documenti del tribunale esaminati da Amnesty International, Manahel al-Otaibi è stata accusata di “pubblicare e diffondere contenuti che riguardano la commissione di peccati pubblici, l’incitamento di individui e ragazze della società a rinunciare ai principi religiosi e ai valori sociali e a violare l’ordine pubblico e la morale pubblica sul suo account Twitter”.