Quando si vogliono distruggere le politiche pubbliche si fa in modo che risultino improduttive, in modo tale che agli occhi dei cittadini la stessa politica che le ha massacrate, occupate e rese inefficaci, spesso col collante corruttivo, indichi la ricetta salvifica del mercato, magari andando a braccetto proprio con quei poteri con i quali ha colluso e reso inadeguata la fruizione dei patrimoni che appartengono alla collettività. È la strategia della privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza costituzionale. E quando si cerca di andare controcorrente, fatto rarissimo nella politica italiana, il sistema fa di tutto per ostacolare e strangolare i tentativi di far funzionare il pubblico.
A Napoli è in atto un’azione politico-mediatico-affaristica tesa ad affidare a famelici soggetti privati il patrimonio del Comune
Per il sistema tutto è merce e profitto, non esiste il bene comune. A Napoli è in atto un’azione politico-mediatico-affaristica tesa ad affidare a famelici soggetti privati o che operano con finalità privatistiche il patrimonio del Comune facendo intendere che il pubblico non funziona dopo che hanno fatto di tutto per non farlo funzionare. Ma il tentativo di delitto si sbriciola anche di fronte a dati oggettivi. Ad esempio, si è detto che sono aumentati i residui passivi negli ultimi dieci anni di gestione pubblica. Falso: i residui al 2011 quando il patrimonio era esternalizzato erano di 200 milioni di euro e il costo del contenzioso per parcelle corrisposte di circa 20 milioni. I residui al 2022 sono scesi a 133 milioni, con una disponibilità di soli 200 mila euro annui per la gestione del contenzioso. Inoltre lo stesso delta del patrimonio (ossia la differenza tra le spese totali e le entrate correnti) da circa 20 milioni annuale negativo si è ridotto ed in alcuni anni è stato addirittura positivo.
La vendita dell’edilizia popolare comunale agli inquilini ha fatto risparmiare in costi di manutenzione e reso felici le famiglie più fragili che con pochi soldi in aggiunta ai fitti già corrisposti si sono ritrovati una casa in proprietà. E poi il lavoro che si è fatto sulla valorizzazione di beni pubblici divenuti luoghi di fruizione popolare e collettiva, soprattutto nella cultura con l’accesso di tutti, soprattutto i giovani. In controtendenza a chi utilizzava, usa e vuole utilizzare i beni collettivi per fare solo profitto. Prendersi il patrimonio comunale napoletano è un affare per chi vuole lucrare e non bisogna farsi ingannare da chi dicono che non vogliono privatizzare i beni comuni perché non è vero, a cominciare dallo stadio Maradona che vogliono svendere ma che fino a prova contraria è lo stadio del popolo.