Interventi per potenziare la Pubblica Amministrazione, innovazione, digitalizzazione, Tlc, produttività, lavoro, investimenti materiali e immateriali, sanità, green. Sono alcune delle priorità emerse nel corso delle audizioni di oggi in commissione Bilancio della Camera sul Recovery Fund. Sono stati ascoltati i rappresentanti di Bankitalia, CdP, Cnel, Cgil, Cisl, Uil e Ugl. “Una stima puntuale dei benefici finanziari di Next GenerationEU per i paesi dell’Unione europea non è possibile data l’incompletezza dell’informazione sui meccanismi di ripartizione dei trasferimenti e delle risorse da destinare al rimborso del debito dell’Unione. Si può tuttavia affermare con ragionevole certezza che tali benefici potranno essere molto rilevanti per il nostro paese”, ha detto Fabrizio Balassone, capo del Servizio Struttura economica di Bankitalia, che ha auspicato una attuazione “in tempi rapidi e senza sprechi”.
Per ottenere indicazioni sul possibile ordine di grandezza degli effetti che scaturiranno dall’utilizzo di queste risorse, Bankitalia ha fatto due simulazioni e il primo scenario ipotizza, con un utilizzo di tutte le risorse, un aumento cumulato del livello del Pil di “circa 3 punti percentuali entro il 2025, con un incremento degli occupati di circa 600.000 unità. E’ possibile individuare almeno tre macro aree nelle quali gli interventi appaiono altrettanto urgenti: pubblica amministrazione, innovazione e la salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio naturale e storico-artistico”, ha aggiunto Balassone.
Per Cassa Depositi e Prestiti ci sono alcune infrastrutture sulle quali bisognerà concentrare le risorse del Recovery Fund. “Quando parliamo di infrastrutture, parliamo di quelle energetiche, dei trasporti, di telecomunicazioni e sanitarie”, ha detto il vice direttore generale Paolo Calcagnini, sottolineando come tra le priorità da affrontare ci sia il tema delle “fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, le reti energetiche, le reti idriche, la mobilità sostenibile, l’alta velocità ferroviaria”.
Per il presidente del Cnel, Tiziano Treu, l’accordo sul Recovery fund appare “una decisione di portata storica e costituisce un passo avanti eccezionale per l’Unione Europea. Come noto a tutti, per l’Italia il problema del debito esiste già da molto tempo. Tuttavia, il fatto che esso sia esploso a livelli inediti, sia pure in uno scenario di crisi globale che ha visto la generalità dei Paesi ricorrere al massiccio impegno pubblico – ha proseguito – ci colloca in una prospettiva nuova. L’aumento del debito a tali impensabili livelli deve spingere il governo non solo a presentare al più presto un piano credibile di rientro, quanto a considerare le politiche economiche da mettere in cantiere non più in un’ottica di tamponamento emergenziale, serve definire piani di investimento, ossia strategie di politica industriale che dispongano di visioni di lungo periodo”.
Per la Cgil prioritari sono sanità, istruzione, lavoro sostenibile, riconversione ecologica e decarbonizzazione, infrastrutture e digitalizzazione. “Occorre concentrare e selezionare, sarebbe sbagliato frammentare in una miriade di progetti le risorse europee, e’ necessario individuare alcuni grandi obiettivi strategici su cui intervenire e collocare le risorse”, ha detto la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi. La dirigente sindacale ha inoltre sottolineato la necessità di “favorire il maggior coinvolgimento possibile delle parti economiche e sociali nella progettazione, sia nella fase di definizione delle priorità, sia nella verifica”.
Per il segretario confederale di Cisl, Ignazio Ganga, attenzione deve essere posta al rilancio della produttività, al rilancio della domanda interna, al rilancio degli investimenti materiali e immateriali. “E’ importante affrontare i nodi che creano ritardi sull’economia italiana – ha proseguito – è apparso evidente il ruolo di freno della burocrazia, va affrontato il tema delle diseguaglianze e non va abbassata la guardia rispetto alle aree di sviluppo. Consapevoli che le risorse saranno disponibili non prima del secondo semestre 2021, ci sembra opportuno non sottovalutare il potenziale di quei programmi comunitari come Sure e Mes sul quale permane una inopportuna situazione di impasse che riteniamo vada superata”, ha aggiunto.
Indispensabile, secondo la Uil, ridurre i divari territoriali. La segretaria confederale Ivana Veronese propone che le risorse per ridurre il divario territoriale siano “superiori alla clausola del 34%, solo facendo crescere il Pil nel Mezzogiorno, tutto il Paese potrà crescere, dovrà esserci una riforma fiscale, investimenti su infrastrutture materiali e immateriali. Serve poi un ringiovanimento e rafforzamento della P.A. – ha spiegato -. La digitalizzazione, inoltre, deve diventare uno dei principali asset strategici come gli investimenti nella green economy, avviare misure concrete per una crescita del nostro sistema produttivo che permetta la creazione di nuove opportunità di lavoro, in particolare per i giovani”.
La segretaria confederale della Uil ha infine sottolineato che il Mes è una “opportunità” che non ci possiamo permettere di perdere”. L’Ugl chiede, infine, un progetto politico chiaro e deciso che abbia una idea di Paese. Per il vicesegretario generale Luigi Ulgiati “occorre un nuovo patto tra capitale e lavoro che superi le divisioni ideologiche del 900, basato sulla collaborazione e sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, un welfare di comunità fondato sull’idea di risposta ai bisogni. Avvio dei lavori su tutte le opere già finanziate, immediato pagamento dei crediti della Pa, la riforma del codice degli appalti, riforma e semplificazione del sistema fiscale. Infine la riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro per favorire l’occupabilità delle persone”, ha concluso.