Lui Rai Tre l’ha costruita, dopo aver collaborato con Enzo Biagi a “Il fatto”. E poi l’ha fatta crescere – inventandosi generazioni di conduttori e un certo modo di fare Tv, a partire da Fabio Fazio – , fino a diventarne capo-struttura, responsabile della rete a Milano. Insomma, Loris Mazzetti di televisione ne sa e, soprattutto, conosce bene viale Mazzini e le sue logiche. Comprensibile quindi la sua amarezza quando analizza i tempi che corrono…
Mazzetti, iniziamo dal caos sulla presidenza: ha mai visto una Rai priva per sette mesi del presidente e una Vigilanza completamente paralizzata?
Non è mai accaduto che io ricordi. È vero che è successo di peggio con Marcello Foa, bocciato e poi ripresentato perché doveva essere per forza lui il presidente Rai… Credo però che la crisi sulla presidenza sia un aspetto tipico del momento: sotto TeleMeloni sono andati via dei direttori e gli attuali vertici non hanno mai fatto una sola nomina. Al Tg3, da quando se n’è andato Mario Orfeo, si va ad interim, con un vice-direttore. Idem nelle sedi regionali. Una volta si faceva un job post, ora i vertici Rai, commissariano. Mettono il vice-direttore e lo tengono lì per mesi e mesi. Cioè mettono l’uomo che commissaria. Un insulto per l’azienda e per gli spettatori.
Anche perché il commissario è più ricattabile…
Certamente. E mi lascia perplesso che non sento e non vedo proteste dall’interno della azienda né dal Cda. Si va avanti, comunque. D’altra parte viviamo in un sistema creato da una legge di 21 anni fa, la Gasparri, che è stata la legge più ad personam fatta da Silvio Berlusconi. Quella norma doveva portare il sistema dall’analogico al digitale e poi doveva essere sostituita per rispondere a ciò che già allora ci chiedeva l’Europa, cosa che non è mai stata fatta. E in questi 21 anni quanti governi di centro-sinistra ci sono stati…?
Parliamo della sua Rai Tre: a parte qualche virtuosa eccezione gli ascolti non vanno affatto bene…
Sento dire da molti: ‘non guardo più Rai Tre perché non è più quella di una volta, guardo La7…’. Dobbiamo dire chiaramente che TeleMeloni ha acconsentito ad alcuni canali di accendersi, come Il Nove, con Fabio Fazio, e ha fatto dei regali enormi alla concorrenza, che poi si pagano in termini di entrate pubblicitarie. In altri tempi questi dirigenti sarebbero stati licenziati, per incapacità. Ma a questa politica e alla Rai della Meloni non importa nulla del risultato, l’importante è il pensiero unico e omologare i telegiornali. Che infatti sono tutti delle fotocopie.
Un’omologazione si vede anche nei format, non solo nei tg…
C’è un deterioramento del prodotto bestiale, nonostante i budget concessi ai nuovi programmi, come quelli di Massimo Giletti, di Nunzia Di Girolamo o Antonino Monteleone, fossero ben al di sopra della media di rete. Tutti costosissimi flop. Poi si trova un programma come “Report”, un fiore all’occhiello, che nonostante tutto, fa ascolti, e scopri che gli hanno tagliato i fondi. Non so come Sigfrido Ranucci riesca ad andare avanti, da una parte c’è un partito intero che fa causa a una redazione e dall’altra c’è l’azienda che minaccia di togliere la malleva… Il Cavallo e la torre, Report, sono programmi che fanno pensare. Lì si trovano personaggi che non si vedono da nessuna altra parte. Anche perché certe persone nei talkshow ormai non ci vanno più. Li ci sono i Bocchino della situazione, ci sono 200 Sgarbi! E la cosa peggiore è che hanno snaturato il ruolo del giornalista. Ci sono giornalisti che vanno in tv e rappresentano un’idea politica. Questo è inaccettabile. Italo Bocchino sostituisce un dirigente di Fratelli d’Italia. E fa ascolti, perché il concetto del “gatto spiaccicato” per strada, vale anche per quelle trasmissioni: ti fa schifo, ma lo guardi…
Quindi i telespettatori scappano…
Rai Tre ha assolutamente regalato parte del suo pubblico a La 7. Ma le ha anche regalato parte dei suoi ascolti: quanto su quel canale vedi Corrado Augias, Massimo Gramellini, trovi un certo tipo di cultura, non solo il personaggio. E fanno gli stessi programmi che facevano in Rai, quindi anche da un punto di vista autoriale, perdi un gruppo di lavoro.
Infine la domanda che non può mancare: come le è sembrato questo Festival di Sanremo?
Direi che è un festival di Carlo Conti, se si vanno a vedere i tre precedenti che fece, sono tutti in continuità. Trovo cose che mi annoiano, ma anche cose pregevoli. Se sento la canzone di Brunori Sas, o di Cristicchi e quando vedo Corsi, penso che è Conti che li ha portati. Probabilmente non ci sarebbero stati nel Festival di qualcun altro. Poi mi sono piaciuti molto Katia Follesa – che secondo me doveva stare su quel palco tutte le serate – e il Teatro Patologico, è stato meraviglioso quando non se ne volevano più andare. Per il resto, mi è sembrato tutto molto pulito. È il Festival che probabilmente vuole la maggior parte degli italiani