Da un lato, gli appelli al primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, per la pace che proseguono inascoltati; dall’altro, le condizioni dei civili palestinesi che peggiorano sempre più. Non c’è pace nella Striscia di Gaza, dove continuano i combattimenti ed è ormai definitivamente deflagrata la crisi umanitaria che la portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, non esita a definire “ben oltre la catastrofe”.
Questo perché, spiega, “più di un milione di persone sono senza cibo”, come emerge dai dati raccolti ad agosto secondo cui la distribuzione di pasti pronti è crollata del 35% a causa dei continui ordini di evacuazione lanciati dall’esercito di Israele. Ma non è tutto. Sempre secondo l’ONU, è fortemente limitata anche la distribuzione degli aiuti umanitari, soprattutto nelle zone centrali e meridionali della Striscia, e per questo le Nazioni Unite hanno rinnovato l’appello a Netanyahu a facilitare – anziché impedire – l’ingresso dei convogli a Gaza.
A Gaza prosegue la mattanza e un milione di persone sono rimaste senza cibo e medicine
Ma nella Striscia non c’è solo il problema del cibo, visto che Medici Senza Frontiere (MSF) lancia l’allarme anche in merito alle cure mediche. Le incursioni militari su larga scala lanciate dalle forze israeliane in Cisgiordania e i ripetuti attacchi da parte dell’esercito israeliano contro gli operatori sanitari, le ambulanze e le strutture mediche stanno ostacolando gravemente l’accesso alle cure per la popolazione civile.
“L’accesso alle cure mediche nella città di Tulkarem e nei campi profughi è molto limitato e i danni alle infrastrutture sono enormi”, ha dichiarato un membro dello staff di MSF, secondo cui “è quasi impossibile raggiungere chi ha bisogno. Queste incursioni non vengono annunciate e lasciano le persone enormemente impreparate”, costringendo gli operatori umanitari a continue interruzioni delle loro attività. Dall’inizio delle ultime incursioni, le équipe mediche di MSF sono state costrette a sospendere le loro attività sia a Tulkarem che a Jenin.
“Il nostro staff è attualmente limitato nei movimenti e nella capacità di fornire supporto diretto alla popolazione”, ha spiegato Caroline Willemen, coordinatrice dei progetti di MSF in Cisgiordania. “Siamo riusciti a fornire primo soccorso psicologico d’emergenza solo a Tulkarem e a fare una donazione di materiale medico, latte per bambini e pannolini a Jenin, ma le incursioni devono cessare e deve essere ripristinato al più presto l’accesso senza ostacoli alle cure mediche”.
Sulla conduzione della guerra a Gaza, si infiammano le piazze
Una conduzione della guerra che, secondo le famiglie dei numerosi ostaggi ancora in mano ad Hamas, rischia di mettere a rischio la vita dei prigionieri. Proprio per questo, centinaia di persone sono nuovamente scese in piazza a Tel Aviv per chiedere un accordo immediato per il rilascio degli ostaggi. Una richiesta urgente che arriva a seguito dell’ennesima dichiarazione di Netanyahu, secondo cui “l’accordo è ancora molto lontano”.
Parole che hanno gelato l’ottimismo degli Stati Uniti, che si dichiaravano certi che la tregua fosse a un passo. A dirlo poco prima delle ultime dichiarazioni di Netanyahu era stato il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, secondo cui il 90% dell’accordo di pace era stato concordato dalle parti, ammettendo, però, che “restano ancora questioni critiche”, tra cui “la questione del cosiddetto corridoio Filadelfia al confine con l’Egitto”, che dovevano essere risolte mediante il dialogo tra Israele e il gruppo islamista palestinese.