Facce sorridenti e abbracci nei selfie d’ordinanza non traggano in inganno, la tensione fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni è in questi giorni palpabile. Il leader della Lega, in evidente difficoltà dopo la batosta elettorale in Emilia Romagna e le grane giudiziarie per le vicende legate all’immigrazione – i veri guai arriveranno dalla richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della Ong Open Arms – prova a pungolare l’alleata, accusandola di “rappresentare la destra radicale”. Cosa diversa da lui che “non ha competitor, un partito al 32% parla a tutti”. Sì, peccato che, come sottolineano da FdI, loro in Europa abbiano la co-presidenza dei conservatori e rapporti con i repubblicani americani, due realtà politiche molto diverse da quell’estrema destra che per molti ambienti europei è invece rappresentata dal partito della Le Pen e da AfD in Germania, che fanno parte dello stesso gruppo della Lega.
Evidentemente da Via Bellerio si sono resi conto che se vogliono tornare al Governo l’immagine di Salvini, fra citofonate, liaisons dangereuses e tentazioni Italexit, necessita di una “ripulita”. Ed è il solito Giancarlo Giorgetti, neo responsabile Esteri della Lega, a tentare il maquillage, rassicurando che non è intenzione del suo partito un’uscita dall’Euro o dall’Ue e soprattutto tessendo quella rete di rapporti internazionali che contano (leggi: Usa, establishment europeo e Vaticano) sui quali ad oggi Meloni dimostra di stare un passo avanti. Non a caso Salvini ha annunciato che presto si recherà negli Stati uniti.
Ma, politica estera a parte, la contesa è aspra anche in patria. Il “dossier regionali” si sta facendo ogni giorno più scottante, sono mesi che il leader leghista mette veti e controveti sui candidati a governatore che spettano agli alleati (incassando però l’appoggio ai suoi, vedi Tesei e Borgonzoni) e non più tardi di ieri ha rimarcato: “Stiamo cercando gli uomini e le donne migliori per le regioni e i comuni, persone che possono o non possono avere una tessera di partito in tasca”. Ergo: no Fitto, no Caldoro. La verità e che Salvini vuole un suo uomo in una regione del Sud, a scapito di accordi già presi e di logiche di coalizione che impongono coerenza e lealtà.