Una telefonata per comunicare al sindaco di Bari, Antonio Decaro, l’avvio delle verifiche dell’ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale. Una telefonata del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e che arriva – guarda caso – quando il voto si avvicina.
Il punto ancora più controverso di questa vicenda è che l’avvio della procedura avviene dopo un’indagine che ha fatto emergere il voto di scambio nel comune di Bari. Il punto, però, è che la persona coinvolta è una consigliera eletta con il centrodestra, quindi con l’opposizione che è stata sconfitta da Decaro alle elezioni.
La rabbia di Decaro contro Piantedosi e la destra
A denunciare quanto successo è lo stesso Decaro, che parla di un “atto di guerra nei confronti della città di Bari”. Il primo cittadino scrive che Piantedosi gli ha comunicato la nomina della commissione di accesso finalizzata a verificare un’ipotesi di scioglimento del Comune. Un atto, definito come “un meccanismo a orologeria”, che “segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del governo”. E si riferisce all’indagine per voto di scambio “in cui sono stati arrestati tra gli altri l’avvocato Giacomo Olivieri e la moglie, consigliera comunale eletta nelle file di centrodestra”.
Decaro contesta la decisione di Piantedosi e ricorda come il procuratore Roberto Rossi abbia affermato che “l’amministrazione comunale in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità”. Insomma, per il sindaco di Bari questo “atto gravissimo” mira “a sabotare il corso regolare nella vita democratica della città, proprio (guarda caso) alla vigilia delle elezioni”. Elezioni, ricorda ancora Decaro, “che il centrodestra perde da vent’anni consecutivamente”. E per le quali “stenta a trovare un candidato e che stavolta vuole vincere truccando la partita”.
Tra l’altro Decaro spiega di aver consegnato proprio ieri 23 fascicoli, per un totale di migliaia di pagine, riassumendo l’azione dell’amministrazione comunale contro la mafia. Risulta quindi “evidente, vista la rapidità con cui è giunta la notizia della nomina della commissione, che nessuno si è curato di leggere quelle carte”. Insomma, per Decaro si tratta di “una vicenda vergognosa e gravissima”.
Cosa succede ora
La commissione di accesso, formata da tre funzionari, dovrà depositare le proprie conclusioni nel giuro di tre mesi. Poi la palla passerà al prefetto e infine al Viminale. Il ministero dell’Interno si giustifica sostenendo che l’atto “si è reso necessario in esito a un primo monitoraggio disposto dal Viminale” dopo l’indagine giudiziaria. Il Viminale parla di una “approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali”.