di Stefano Sansonetti
Più che un editoriale è un trampolino di lancio. Basta essere un po’ martellanti, fantasiosi e critici col giusto dosaggio. Poi la poltrona pubblica, a volte molto ben remunerata, arriva. E con essa la possibilità di inserirsi in quei settori di “visibilità statale” che spesso e volentieri si rivelano un autentico investimento. Chiedere, per credere, all’ultimo arrivato, il costituzionalista Michele Ainis. La cui nomina a componente dell’Autorità Antitrust, avvenuta l’altro ieri, è passata un bel po’ in sordina. Ainis, è appena il caso di ricordare, è stato sin qui uno dei più assidui commentatori del Corriere della Sera, dalle cui colonne ha radiografato la riforma Boschi. A volte approvandola, a volte criticandola. Quanto basta per spingere i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, a sistemarlo all’Autorità garante del mercato e della concorrenza.
LO SCRANNO
Poltrona non da poco, visto che ha una durata di sette anni e ora come ora garantisce quello che in teoria è il massimo stipendio pubblico possibile, ovvero 240 mila euro. Insomma, a volte gli editoriali aiutano ad aprirsi un bel pertugio. Ne sa qualcosa un illustre predecessore di Ainis, ossia il bocconiano Tito Beori. Il quale, dalle colonne di Repubblica, spesso e volentieri ha “bastonato” questo o quel Governo sulle politiche economiche. Salvo poi trovarsi nominato dall’Esecutivo guidato da Matteo Renzi presidente dell’Inps. Incarico strategico, interpretato senza rinunciare a criticare lo stesso Governo che lo ha nominato. Ma pure nel caso di Boeri, che si è messo in luce anche con i suoi commenti sul sito Lavoce.info, non c’è dubbio che gli editoriali su la Repubblica siano stati un bel trampolino di lancio per l’ascesa nelle gerarchie statali. E che dire di Luigi Zingales, professore di economia all’università di Chicago e commentatore assai critico per Il Sole 24 Ore e L’espresso? Quando Renzi è arrivato al Governo è riuscito a strappare una nomina come consigliere di amministrazione dell’Eni, che poi però ha lasciato in polemica per “divergenze di opinione sul ruolo del consiglio nel gestire la società”.
GLI ALTRI
Tra gli editorialisti celebri che hanno in qualche modo spuntato una poltrona pubblica c’è anche Francesco Giavazzi, bocconiano, che durante il Governo Monti è stato consigliere per la spending review. Percorso simile a quello di Roberto Perotti, altro bocconiano e già editorialista de Il Sole 24 Ore, che è stato chiamato dal Governo Renzi a collaborare (a titolo gratuito)alla spending review, salvo poi sbattere la porta a fine 2015 per l’impossibilità di veder attuate alcune misure da lui proposte. Insomma, come si vede molti illustri commentatori poi trovano collocazione in importanti strutture pubbliche. Uno dei pochi, se vogliamo, che non ci è riuscito è l’economista Alberto Alesina, professore a Harvard, nonostante i tanti editoriali su Il Sole 24 Ore e il Corriere della sera. Ma per lui non è ancora detta l’ultima parola.
Twitter: @SSansonetti