Dimenticate l’immagine del giornalista intento a scrivere il suo articolo sigaretta alla bocca. O quelle redazioni dove è il fumo a farla da padrone. Non sarà più possibile viste le possibili conseguenze. Per i danni causati dal fumo passivo la Rai dovrà risarcire una giornalista, ora in pensione, di 32 mila euro. La sentenza è stata confermata oggi dalla Corte di Cassazione che ha dato ragione alla ex giornalista del Tg3. Gli avvocati della televisione di Stato si sono difesi sostenendo “di aver emesso disposizioni contro il fumo”. Ma per la Cassazione circolari e direttive “non costituiscono, evidentemente, misura idonea a contrastare i rischi da esposizione da fumo passivo” se non si fanno rispettare con sanzioni. Queste disposizioni contro il fumo nelle redazioni e in tutti gli ambienti di lavoro della tv pubblica – rilevano gli ‘ermellini’ condividendo quanto appurato dalla Corte di Appello di Roma – rimanevano “praticamente inattuate” perché l’azienda televisiva aveva scelto la strada del “cosiddetto approccio persuasivo e non repressivo”, sottolinea il verdetto 4211 depositato oggi dalla Sezione lavoro della Cassazione che lancia un ‘monito’ anche agli altri datori di lavoro che chiudono gli occhi davanti ai fumatori incalliti.
Secondo quanto ricostruito dalla Cassazione la Rai era molto permissiva sulla questione fumo. Perché neanche nelle memorie difensive sono state presentate prove di qualche sanzione disciplinare inflitta ai trasgressori. “Quella della Rai manchevole condotta”, si legge nella sentenza odierna, “per la quale è stata riconosciuta la responsabilità di natura contrattuale dell’emittente pubblica, nei confronti della giornalista, per non aver posto in essere misure idonee a prevenire la nocività dell’ambiente lavorativo derivante dal fumo”. In base alle perizie svolte sia in primo che in secondo grado, era emersa “la riconducibilità eziologica della patologia riscontrata a carico della lavoratrice alle condizioni di lavoro, ravvisando un danno biologico pari al 15%, con conseguente risarcimento”.
Oltre ai danni causati dal fumo c’è anche la questione lavorativa, visto che alla giornalista sarebbe stata demansionata dopo che le era stata tolta la conduzione del Tg3. Su questo punto ci sarà un processo d’appello bis.