di Sergio Patti
Dopo quasi sei anni il tribunale di Milano sta ancora indagando sul caso Ruby. Tanto tempo è passato dalla famosa telefonata dell’allora premier Silvio Berlusconi alla questura milanese per far affidare la minorenne Karima El Mahrough alla consigliera regionale Nicole Minetti. La ragazza, che il Cavaliere accreditò come nipote del presidente egiziano Mubarak, è da allora popolarissima con il nome d’arte di Ruby. Per quella vicenda Berlusconi è stato processato e condannato una prima volta, con una sentenza in parte riformata in appello e in Cassazione, dove è scattata l’assoluzione in via definitiva per le accuse di concussione e prostituzione minorile. Nonostante tutto questo, e nonostante siano passati tanti anni, Berlusconi è di nuovo sotto processo, in quello che è definito il procedimento Ruby Ter, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Sostanzialmente, avrebbe pagato le ragazze coinvolte nelle ormai famose “cene eleganti” per mentire ai giudici sulle presunte attività sessuali con lo stesso ex premier. Nonostante questa ostinazione dei magistrati sia interpretabile di perse stessa come la prova di una aperta ostilità del tribunale e di alcuni giudici verso Berlusconi, la difesa del Cavaliere ha usato altre argomentazioni per chiedere il trasloco del processo ad altra sede, Roma o Monza. Tutto purché non Milano, insomma.
GIURISDIZIONE – Per gli avvocati Franco Coppi e Federico Cecconi, il primo dei pagamenti effettuati da Berlusconi la presunta corruzione delle testi sarebbe avvenuto a Roma. Quindi è nella Capitale che va celebrato il processo. In subordine, il luogo delle feste “inciminate”, cioé Villa San Martino, ricade nel distretto del tribunale di Monza. Il gup Laura Marchiondelli si è riservata di decidere nella prossima udienza, già fissata per il 18 marzo. Con i tribunali ingolfati e processi che durano oltre ogni ragionevole tempo di attesa, sulle feste di Berlusconi e tutto il corollario che ne è seguito la magistratura milanese non molla. Se però si ipotizza soltanto una sorta di accanimento giudiziario, esercitando un diritto elementare di critica, ecco che partono le querele, come quelle mosse da due delle tre giudici della prima sentenza Ruby (poi appunto riformata) contro numerosi giornali (compreso questo) e giornalisti.
TUTTI BUGIARDI – Nel calderone del lungo iter giudiziario, oltre alle ragazze ormai famose come olgettine (dal nome del quartiere dove erano ospitate, con un chiaro e triste riferimento però alle presunte orge di Berlusconi) compaiono anche il giornalista Carlo Rossella, il cantante Mariano Apicella e la senatrice Maria Rosaria Rossi. Tutti autori – secondo l’accusa – di falsa testimonianza sui soldi dati da Berlusconi alle ragazze. Solo per Ruby si parla di dieci milioni di euro. Quattrini di cui la difesa nega l’esistenza, sostenendo che la soubrette fatica persino a pagare l’affitto di casa.