di Carmine Gazzanni
Pochi giorni fa Angelino Alfano è sceso giù in Calabria, Regione da inizio anno colpita da una serie incredibile di attentati e intimidazioni. Da quelle al figlio di Nicola Gratteri fino alle ultime a danno dell’assessore regionale Federica Roccisano, cui è stata incendiata l’auto nel suo paese d’origine, Soriano (Vibo Valentia). Ebbene, il ministro in quell’occasione ha provato a rassicurare tutti lanciandosi in una personalissima tesi secondo cui i morti ammazzati (poche settimane fa un imprenditore a Reggio) e autobus incendiati (ben 14, della autolinea “Federico” a Locri), sarebbero la prova provata della presenza dello Stato in Calabria. Chissà. Certo è che lo Stato non è poi così presente quando si tratta di tutelare i personaggi che più di tutti risultano determinanti nella lotta alla mafia. Parliamo dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. Proprio in questi giorni il Viminale ha consegnato al Parlamento la relazione sui “programmi di protezione, sulla loro efficacia e sulle modalità generali di applicazione per coloro che collaborano con la giustizia”. Dal quadro emerge un sistema che, di fatto, non funziona. Tutta colpa della spending review che, cinica più che mai, non ha risparmiato nemmeno la lotta alla mafia: dal 2009, infatti, c’è stato un progressivo taglio dei fondi messi a disposizione per l’assistenza sanitaria, sociale e lavorativa per testimoni e collaboratori di giustizia. Ed ecco allora che si riscontrano sempre più “problematiche di gestione sia per la sicurezza personale dei singoli soggetti sia per gli aspetti legati alla situazione logistica e dell’assistenza economica”. Insomma, l’aspetto emergenziale è “fortemente aggravato dalla carenza di disponibilità finanziaria che si protrae ormai da parecchi anni”.
I NUMERI – E parliamo di una discreta schiera di persone che il nostro Stato dovrebbe proteggere. Secondo i dati, il totale della popolazione protetta – tra pentiti e testimoni di giustizia – ammonta a 6.246 unità, ripartite in 1.319 titolari di programma di protezione e 4.927 familiari. Tra i titolari di programma, 1.235 hanno lo status di collaboratori di giustizia e 84 beneficiano delle misure destinate ai testimoni. Tra i familiari censiti, 4.655 sono congiunti di collaboratori e 272 di testimoni. Tra costoro, ad esempio, c’è Francesco Oliverio, ex esponente di ‘ndrangheta, con il ruolo di “trequartino” di una locale ‘ndrina di Belvedere Spinello, in provincia di Crotone. Collabora con la giustizia dal 2012. Le sue dichiarazioni sono state centrali, ad esempio, nell’inchiesta “Aemilia” che ha portato all’arresto di ben 117 persone. Il pentito vive con la moglie e due figlie con soli 900 euro al mese. Non solo: proprio nel momento in cui il collaboratore, nella sua nuova residenza, era riuscito a trovare un piccolo lavoro anche per far fronte alle spese quotidiane visto l’esiguo versamento statale, ecco che gli è stata comunicata – senza alcuna spiegazione – la necessità di un nuovo trasferimento. Una situazione speculare a quella vissuta anche da Luigi Bonaventura (ora in carcere per scontare una pena passata) che a lungo ha vissuto senza alcuna degna copertura, in un paese dove alloggiavano anche altri pentiti, alcuni dei quali peraltro, rivelatisi falsi, tanto che sono stati arrestati proprio perché stavano progettando di uccidere Bonaventura.
SFRATTI IN VISTA – Insomma, siamo nel caos più totale. E, come detto, è la stessa relazione a dirlo esplicitamente e a lamentare un fondo completamente “sfondato”. E non potrebbe essere altrimenti. Rispetto al periodo precedente (secondo semestre 2014), l’ultimo attenzionato (primo 2015) ha visto un crollo dei finanziamenti: dai 45 milioni (già questi insufficienti) si è passati a soli 33. E gli effetti non potevano che essere surreali: l’adempimento di alcuni oneri è stato rinviato a data da definirsi. Come, ad esempio, il pagamento dei canoni di locazione, erogati fino a maggio 2015. Per i restanti mesi nemmeno i proprietari delle case dove alloggiano collaboratori e testimoni sono stati pagati. Insomma, altroché tutela. Lo Stato sfratta i pentiti. Pentiti di essersi pentiti.
Twitter: @CarmineGazzanni