di Stefano Iannaccone
Comunque vada, sarà una legge che spaccherà il Parlamento. Perché il Movimento 5 Stelle già parla di un’iniziativa mirata a eliminarli dalla geografia politica. Mentre il Partito democratico, con il vicesegretario Lorenzo Guerini e il presidente Matteo Orfini, sostiene che è solo un passaggio per eseguire il dettato dell’articolo 49 della Costituzione. L’oggetto della contesa è la riforma dei partiti. Materia su cui il Pd ha anche accelerato dopo le tensioni sulle “multe” ideate dai pentastellati per gli eletti che cambiano gruppo politico nel corso della consiliatura a Roma. Così, la scorsa settimana, è stata avviata la discussione in commissione Affari costituzionali alla Camera.
OBIETTIVI – Ma su cosa interviene la norma? Il testo predisposto dai vertici dem indica l’acquisizione della personalità giuridica come “condizione per la presentazione delle candidature e delle liste di candidati per l’elezione alla Camera dei deputati”. L’intento sarebbe poi quello di comunicare – per legge – l’organizzazione interna, le regole (comprese quelle per le espulsioni dal partito), e la trasparenza dei bilanci. Senza dimenticare la possibile istituzione delle primarie obbligatorie. “Di conseguenza, i partiti sono tenuti a dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto non più solo in funzione dell’accesso ai benefici finanziari ma anche quale condizione per l’acquisto della personalità giuridica e degli effetti giuridici che ne conseguono”, spiega la sintesi fornita dalla commissione di Montecitorio. Nella pratica i partiti non sarebbero più associazioni non riconosciute come accade ora. Ma le conseguenze politiche potrebbero essere pesanti: secondo la proposta di legge firmata da Guerini, chi non si adegua non può partecipare alle elezioni. In linea teorica i 5 Stelle potrebbero non presentare delle loro liste. “La presunta riforma vuole trasformare i partiti in azienda, dando una struttura verticistica. Ed eliminando il Movimento 5 Stelle con una legge”, accusa il deputato del M5S, Danilo Toninelli.
ALLA CAMERA – Il relatore della legge è il deputato del Pd, Matteo Richetti: a lui spetta il compito di indicare un testo base tra i cinque depositati sinora a Montecitorio. Tuttavia, i più rilevanti – secondo quanto emerso da fonti della commissione – sono quelli di Guerini, per il peso politico, e di Paolo Fontanelli (Pd). “Io non ho alcuna intenzione punitiva nei confronti del Movimento 5 Stelle”, puntualizza Richetti a La Notizia. “Serve una norma – aggiunge – che possa andare oltre la polemica sull’attualità, rendendo i partiti più credibili agli occhi dei cittadini. E questo può accadere solo se saranno più trasparenti”. E Guerini gli fa eco: “Non vogliamo eliminare il M5S”. Ma Toninelli non lascia spiragli alla trattativa: “Questa legge non deve essere proprio discussa, è impossibile parlare di interventi migliorativi. Il Movimento non vuole essere costretto a seguire il modello del Pd”. Il presidente della commissione Affari costituzionali a Montecitorio, Andrea Mazziotti, cerca comunque di indicare un punto di equilibrio: “Noi di Scelta civica abbiamo una posizione più attenta alla trasparenza che al profilo organizzativo dei partiti. Vogliamo evitare che questa legge possa essere usata in maniera strumentale”. Ma c’è anche un’ulteriore distinzione. Sinistra Italiana è infatti intenzionata a presentare una propria proposta. “Quelle depositate sembrano insufficienti”, afferma Alfredo D’Attorre. Che mette sul tavolo una nuova idea, una sorta di salvagente per il M5S: “Le norme devono essere stringenti per i partiti che vogliono accedere al finanziamento pubblico”. E inoltre il deputato di Si chiede il divieto “del cumulo delle cariche, perché un segretario di partito non può essere anche ministro o presidente del Consiglio”. Da Forza Italia, infine, c’è una posizione attendista. Elena Centemero di Forza Italia preferisce vedere l’evoluzione dei fatti: “Siamo ancora in una fase iniziale. In ogni caso gli unici a dover temere questa legge sono i 5 Stelle”.
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