di Francesco Bonazzi
Complotto? Forse sì, ma fino a un certo punto. Perché quando un capo di governo è così isolato e totalmente privo di credito internazionale, come lo era Silvio Berlusconi in quel novembre 2011 nel quale perse la guida del governo, risulta davvero difficile distinguere le colpe proprie dai pugnali degli altri. E anche ora che (ri)escono i cablo di Wikileaks non bisogna dimenticare che il Cavaliere non cadde il giorno delle dimissioni formali, presentate sabato 12 novembre, ma fu fatto fuori una settimana prima dai partner europei al disastroso G20 di Cannes, tra il 3 e il 5 novembre. I conti italiani cominciano ad andare sotto pressione nel corso dell’estate. Il 3 agosto lo spread tra i nostri di titoli di Stato a 10 anni e gli omologhi tedeschi arriva a 300 punti. A ferragosto l’edizione tedesca del Financial Times, detta il nome del successore ideale di Berlusconi: Mario Monti, “asciutto, obiettivo, minuzioso, ligio alle regole e un po’ rigido. Ha tutte le qualità che mancano a Berlusconi”. Per la cronaca, mesi dopo il giornalista inglese Alan Friedman rivelerà che l’allora presidente Giorgio Napolitano aveva sondato l’economista della Bocconi già nel mese di giugno. Il 5 agosto lo spread schizza fino a 390 punti e a Roma arriva una durissima lettera della Bce in cui si ordina di mettere in atto una serie di politiche rigorose, a cominciare da una manovra da 50 miliardi di euro. A fine ottobre ecco una nuova umiliazione per Berlusconi, già sbertucciato in tutto il mondo per lo scandalo Ruby. A Bruxelles s’incontrano Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Un giornalista chiede se si fidino del Cavaliere e la cancelliera fa cenno di sì col capo. Poi si guarda con il presidente francese ed entrambi scoppiano a ridere.
L’ISOLAMENTO – E’ in questo contesto, con lo spread che sfiora i 500 punti, che Berlusconi va a Cannes sotto una pioggia battente e con l’umore sotto i tacchi. Al suo fianco c’è Giulio Tremonti, l’unico con il quale parlano i partner stranieri. L’Italia è il grande malato d’Europa e viene processata a porte chiuse da Francia, Germania e Fondo Monetario. Barack Obama fa il poliziotto buono e si oppone a una nostra umiliazione. Il più scatenato è Sarkozy, che ha il bilancio traballante, è in piena campagna elettorale e sogna di andare al telegiornale della sera con la testa di Berlusconi per far vedere ai francesi che anche lui è per il rigore finanziario. Ma sbaglia i calcoli. Gli Stati Uniti si oppongono e forse anche la Merkel mette una parola buona. Nei momenti di “ricreazione”, gli unici visibili ai giornalisti assiepati fuori dai cancelli del centro congressi, si vede il plastico isolamento di Berlusconi. Gli altri capi di Stato parlano tra loro a capannelli di 3 e 4 persone. Il premier italiano si avvicina a questo o a quello con il cappotto adagiato sulle spalle e con il sorriso stampato sulla faccia, e succede regolarmente che gli altri smettano di parlare, o addirittura si spostino. Imbarazzante. Come se Berlusconi fosse già archiviato. Tre anni dopo l’ex segretario al Tesoro Usa Tim Geithner ha parlato di “un complotto europeo per farlo cadere.