di Francesco Bonazzi
Il Giglio magico ha sempre meno petali. Due anni dopo la presa del potere con il famoso blitz ai danni di Enrico Letta, Matteo Renzi è stato mollato da alcuni fedelissimi che si aspettavano scelte e azioni (e poltrone) diverse. E lui stesso si è liberato di alcuni legami, o ha molto allentato i rapporti con fedelissimi della prima ora. Un caso su tutti, ed è proprio faccenda degli ultimi giorni, è quello dell’amico imprenditore Marco Carrai, che doveva andare a fare lo “Zar” della lotta al cyber crime con poteri da “007” e che invece, se accetta, sarà nominato solo super-consulente personale del presidente del Consiglio.
LA RIVOLTA – Contro Carrai si sono mossi praticamente tutti gli apparati dello Stato, metà Palazzo Chigi e lo stesso Marco Minniti, il sottosegretario che ha la delega ai servizi segreti. Ma la verità è che anche il rapporto tra Renzi e Carrai non è più quello di una volta, con il Presidente del Consiglio che viene descritto come “disturbato” dai troppi affari del caro “Marcolino”, che in questi due anni si è aperto molte porte con il biglietto da visita di “amico del premier”. Tanto che, secondo alcune fonti, la poltrona pubblica in arrivo sarebbe una sorta di “liquidazione” dei loro rapporti. Comunque, che ci siano seri problemi di tenuta nella cerchia dell’inquilino di Palazzo Chigi è scappato detto anche alla senatrice Monica Cirinnà che, tentando di spiegare il mezzo disastro del Pd sulle unioni civili, ha parlato di “ripicche di colleghi renziani che volevano un premietto”. Si riferiva a deputati che, con l’ultimo rimpasto di governo e con la recente girandola di nomine alla guida delle varie commissioni parlamentari, speravano in una promozione. Ma le crepe nel sistema di potere renziano sono anche altrove, in ambiti dove sono ancora poco visibili. A Palazzo Chigi, per esempio, cresce sicuramente il peso del sottosegretario Luca Lotti, del suo parigrado Claudio De Vincenti e del capo dell’ufficio legislativo, Antonella Manzione. Discorso più complesso per Maria Elena Boschi, che anche se fa il ministro delle Riforme è sempre a Palazzo dal “capo”. Secondo Libero, il pasticcio sulle unioni civili avrebbe messo in ombra anche lei, ma c’è chi giura che si tratti solo di un guaio passeggero. In realtà, l’autunno scorso, si diceva che la ministra ormai giocasse una partita tutta sua per diventare presidente della Camera nella prossima legislatura, ma poi lo scandalo della Popolare dell’Etruria, che rischia di travolgere il padre avvocato, l’avrebbe spinta a non smarcarsi neanche di un millimetro da Renzi per evitare di restare scoperta.
EMORRAGIA – Nelle partite finanziarie e di politica industriale, invece, cresce la stella del banchiere Claudio Costamagna, messo da Renzi alla guida della Cassa depositi e prestiti su suggerimento di Andrea Guerra, ex manager di Luxottica. Guerra, per dire, era super-renziano, ma poi ha lasciato il posto di consulente “strategico” del premier per andare a lavorare in Eataly da Oscar Farinetti, un altro che è segnalato in progressivo allontanamento dal premier, da lui giudicato troppo sensibile ai consigli del gran capo di Fca, Sergio Marchionne. In ascesa, poi, le quotazioni di Yoram Gutgeld, ex McKinsey, oltre, ovviamente, a quelle dell’economista Tommaso Nannicini, appena nominato alla guida della cabina di regia della politica economica. Ma nei mesi scorsi, Renzi è stato salutato senza troppi complimenti da un economista brillante come Roberto Perotti, deluso dai mancati tagli alla spesa pubblica nella Legge di stabilità, e anche lui alle prese con la pubblicazione di un libro sulla Spending review (mancata). Proprio come Carlo Cottarelli.