Sul reato di tortura Italia peggio dell’Egitto. Così l’Europa ci punirà. A nulla è servita la sentenza Diaz. Da 5 mesi il testo è fermo al Senato

Sul reato di tortura Italia peggio dell’Egitto. Così l’Europa ci punirà. A nulla è servita la sentenza Diaz. Da 5 mesi il testo è fermo al Senato

di Carmine Gazzanni

Obiettivo: non approvare il testo sul reato di tortura. Checché ne dicano i nostri politici, non c’è alcuna intenzione di colmare il pesante vuoto normativo del nostro codice penale. Nonostante i continui moniti di Bruxelles e nonostante la Corte europea dei diritti dell’uomo già ci abbia condannato, dopo gli scandalosi fatti del G8 di Genova. Ma come? – potrebbe dire qualcuno – e tutti quegli annunci fatti dai nostri onorevoli proprio all’indomani della sentenza Diaz? D’altronde proprio il nostro Matteo Renzi aveva commentato quella condanna, sottolineando che “se vogliamo affrontare quella pagina nera, la prima cosa da fare è introdurre subito il reato di tortura”. Detto fatto: due giorni dopo, la Camera licenzia il testo che arriva dritto dritto in Senato. Dove, però, si schianta e muore.

RITARDI – Mentre, infatti, in Aula si discute (finalmente) di unioni civili, da aprile poco (o nulla) è stato fatto per quanto riguarda l’introduzione del reato di tortura. Lo stesso Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone già da tempo ha sottolineato come l’obiettivo, malcelato, sia quello di “spedire il testo in soffitta di modo che non se ne parli più”. Sono le tempistiche a dirlo chiaramente: da aprile, solo a settembre il testo è approdato dalla Commisione Giustizia in Aula. E da allora? Tutto tace. Dopo essere stato annunciato il 9 settembre, infatti, è calato il silenzio. Non si è mossa una foglia, per oltre 5 mesi. Insomma, quello che pare è proprio che, spenti i riflettori della sentenza europea, qualcuno abbia voluto far calare il sipario sul reato di tortura. Tutto questo nonostante l’Italia sia in ritardo non di mesi, ma di anni. E, nel concreto, di ben 30 anni: era il 1984 quando infatti veniva approvata la Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura, appunto, sottoscritta dal nostro Paese quattro anni dopo. Ma non è tutto. Perché per non correre alcun rischio, nelle poche sedute in cui i senatori si sono visti, si è pensato bene anche di stravolgere il senso del ddl. Con la conseguenza che, se oggi il testo diventasse legge, punire un agente per tortura sarebbe praticamente impossibile. Tutto “grazie” a piccole insospettabili modifiche, come l’inserimento del plurale al posto del singolare alla parola “violenza”, cosa che comporta, dunque, che per essere accertata la tortura, deve essere compiuta più volte, reiterata. Altamente improbabile, ovviamente.

IL CASO SABA – Intanto, però, da Strasburgo potrebbero arrivare presto nuove condanne per violazione dei diritti umani e maltrattamento dei detenuti. Davanti alla Corte dei diritti dell’uomo, infatti, come si legge nell’ultima relazione del dipartimento per le Politiche Europee, risultano depositati “ulteriori affari” che “aggravano il quadro delle possibili, future condanne a carico dell’Italia”. Parliamo di casi in cui è emerso un “uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine nei confronti di persone sottoposte a restrizione e mancanza di indagine effettiva”. Tra i vari procedimenti, ad esempio, c’è il “caso Saba”. Siamo nel 2000, nel carcere di Sassari. In occasione di un’operazione di perquisizione generale, si registrarono episodi di violenza fisica e morale nei confronti dei detenuti. Le indagini che seguirono portarono alla richiesta di rinvio a giudizio per ben 90 agenti della polizia penitenziaria. Ma, ovviamente, nessuno ha mai pagato per tortura. E, nella maggior parte dei casi, è addirittura scattata la prescrizione. Amen.

Twitter: @CarmineGazzanni