di Angelo Perfetti
Ci metteranno le mani in tasca. Presto. E continueranno a farlo anche il prossimo anno, e ancora dopo. Poco o tanto dipenderà soprattutto dalla fine che farà l’Imu, la tanto odiata imposta sugli immobili, prevista in scadenza nel 2015. Se quel gettito arriverà nelle casse dello Stato, il disavanzo da coprire si aggirerebbe intorno ai 7/8 miliardi di euro, (20 nel triennio 2015-2017); ma se quel “rubinetto” dovesse chiudersi di botto, allora i miliardi diventerebbero 60. Capezzone coordinatore dei dipartimenti del Pdl, va giù duro: “Confermano l’Imu, confermano l’aumento Iva, e ora (con il pasticcio Tarsu/Tares) aggravano la stangata di fine anno. Tra il saldo Imu e la Tares, infatti, la fine dell’anno diventerà una scadenza devastante per le famiglie italiane. La conclusione che se ne ricava è la seguente. I tecnici dovevano risanare, e non lo hanno fatto: anzi, lasceranno buchi ed esigenze di una nuova manovrina”.
La versione definitiva
Il Documento di Economia e Finanza dello Stato (Def) approdato in forma definitiva con centinaia di pagine e tabelle è decisamente preoccupante. E i conti fatti finora non tengono conto né delle griglie imposte dal fiscal compact che ci impone di ridurre il debito pubblico di un ventesimo all’anno a partire dal 2015., né degli altri due miliardi all’anno in più dopo la bocciatura della Corte costituzionale a nuovi ticket sanitari. Dunque il prossimo governo, anche se il Def non lo dice, deve avviarsi verso il varo di una manovra anche per quest’anno per coprire una serie di spese, dalla cassa integrazione alle missioni militari all’estero. Inutile gorarci intonro: le previsioni sono di lacrime e sangue, né più né meno di quanto fatto finora. Eppure il contenimento della spesa e l’aggravio di tasse ha dimostrato di non essere la strada maestra per la crescita, comportando inevitabilmente la contrazione delle spese di famiglie e imprese per mancanza di liquidità. E aggravando anche il disagio sociale dovuto alla perdita del posto di lavoro di migliaia di persone.
Le barricate dei sindacati
E infatti in sindacati si sono mostrati particolarmente critici verso il def. “Con il Def continuano le politiche di rigore con le quali l’Europa – hanno affermato in maniera ufficiale le
segreterie nazionali di Cgil Cisl Uil – ormai unica al mondo, pensa di uscire dalla crisi e rilanciare la crescita. Non si deve continuare a rispondere con cieche misure di austerità alla esplosiva questione sociale. Tra le tante emergenze sociali di questo paese si continua a non dare risposte – prosegue la nota – al potere di acquisto delle retribuzioni e delle pensioni del lavoro pubblico oltre che di quello privato; mentre continuano a mancare le risorse necessarie per garantire la continuità occupazionale del lavoro precario nelle Pubbliche Amministrazioni”.
L’allarme a sinistra
Stefano Fassina (responsabile economico del Pd) e Pierpaolo Baretta (relatore della finanziaria per il Pd) avevano già prospettato la necessità di fare una manovra aggiuntiva già da quest’anno da 6 a 8 miliardi di euro per finanziare una serie di voci: l’ulteriore rinvio della Tares e dell’aumento Iva, la cassa integrazione in deroga, gli esodati, le missioni all’estero, i contratti di servizio con Anas, Poste, Ferrovie e il bonus del 55% per le ristrutturazioni green. «Un intervento che si può evitare – precisa Fassina – se il nuovo governo si deciderà ad andare a Bruxelles come hanno fatto altri Paesi per ottenere una revisione del percorso di rientro».
L’allarme a destra
Anche Capezzone, come detto, è critico: “Tutti gli osservatori e i protagonisti del dibattito politico ed economico (e noi tra questi) che da settimane ammoniscono rispetto al rischio di una nuova manovra, esprimono una preoccupazione fondata, che è frutto del fallimento del governo Monti. L`Italia – aggiunge – ha bisogno di quella che si potrebbe chiamare una ‘operazione verità’.