di Marco Castoro
Da sempre il calcio è stato considerato come l’oppio dei popoli. La Nazionale vinceva i Mondiali e gli italiani mandavano giù l’aumento del prezzo della benzina, delle tasse, dei pedaggi autostradali e perfino le leggi più impopolari. Oggi il calcio ha raggiunto dimensioni talmente gigantesche che è diventato un pilastro della società. Non è più un gioco ma un’industria. Muove talmente tanti miliardi che è impossibile pensare che non ci sia del marcio dentro. Dalla malavita agli evasori fiscali, dalle mazzette alle combine. Per non parlare dell’universo ultrà con tutte le sue sfaccettature.
IN PRIMA PAGINA
Di conseguenza il calcio è capace di assicurarti una notorietà come pochi altri settori. Il discorso vale per il calciatore, per l’allenatore, per il presidente, per il procuratore del giocatore, per l’arbitro. Ma anche per il giudice sportivo e per le procure che aprono filoni uno dopo l’altro, mettendo sotto inchiesta il pallone e il mondo che vi ruota intorno. Ma non tutte le inchieste si concludono come è stato per il primo calciopoli. Spesso, anzi troppo spesso, queste inchieste partono coi titoloni in prima pagina per poi alla fine partorire un topolino.
Ma i mali del calcio tutti sanno quali sono. Invece di pensare alle parolacce e alle offese che si dicono in campo bisognerebbe fare i fatti ed estirpare o ridurre il marcio che c’è.
GLI INSULTI
Non si può pensare che in ogni partita si affrontino santa Maria Goretti contro Maria Montessori. Se volano insulti e frasi discriminatorie non significa che chi le dica sia razzista, sessista, omofobo o sia colpevole dei reati peggiori del codice penale. In campo ci si danno tante botte, ci si dice di tutto sui familiari. Chi ha giocato o ha vissuto a bordo campo sa come funzionano certe cose.
È pur sempre una battaglia che si combatte, con l’adrenalina a pallettoni e con la posta in palio che è sempre altissima per le pressioni che si subisce dai tifosi e dai media. E un arbitro intelligente è quello che fa finta di non sentire. Stupirsi degli insulti in campo è come scoprire il fumo nella sala fumatori. Putroppo c’è un’aggravante: adesso siamo una repubblica fondata sul buonismo e quindi bisogna fare gli educandi a tutti i costi e andare a nanna con la tisana.
PRONTO INTERVENTO
Se si vuole fare del bene al calcio occorre intervenire. Cominciamo dalle società: i bilanci vanno controllati di più. Così come le posizioni degli intermediari che danzano tra acquisti e cessioni. Mettere qualche paletto in più non farebbe male, viste le numerose partite di giro sulle compravendite.
Le scommesse sui campionati di Lega Pro e dilettantistici vanno eliminate dai palinsesti dei gestori perché è l’occasione che fa l’uomo ladro. I facili guadagni possono creare combine e illeciti. La malavita trova terreno fertile tra chi non ha stipendi congrui.
I capi ultras che diventano teppisti e che ricattano società e giocatori vanno individuati e allontanati dagli spalti. Vanno denunciati come ha avuto il coraggio di fare l’allenatore del Genoa Gasperini. Ma una volta individuati si deve procedere. Altrimenti il muro di omertà non si abbatterà mai. Ci sono telecamere, microfoni direzionali, steward e tanti altri mezzi, perché non usarli a dovere? La tessera del tifoso e le barriere anti scavalco sono solo dei palliativi. Gli stadi vuoti non fanno bene né ai tifosi né alle squadre, tanto meno all’immagine della serie A nel mondo. Il brand soffre se i diritti televisivi scendono di valore e l’offerta finisce per essere inferiore alla domanda. I soldi delle televisioni reggono in piedi tutto il sistema e quindi chi manovra il giocattolo deve stare molto attento a non romperlo.