Pochi giorni e il ddl Cirinnà sulle unioni civili sbarcherà in Senato. Ma ecco spuntare un ulteriore ostacolo per il governo Renzi. Un ostacolo tutt’altro che secondario: secondo quanto riporta Repubblica, infatti, il Quirinale, interpellato dall’esecutivo, ha richiamato alla necessità di tener conto della sentenza 138 del 2010 della Consulta, in cui i giudici costituzionali hanno ricordato che “i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”. Insomma, l’equiparazione con il matrimonio eterosessuale non è ammessa. Un punto non certo nuovo, ma ora che il ddl è a un passo da Palazzo Madama è necessario avere la certezza che quei paletti siano rispettati. Risultato: proprio per evitare dubbi di costituzionalità sulla formulazione dei primi articoli del disegno di legge, quelli che definiscono le unioni tra persone dello stesso sesso, l’esecutivo ha pronti alcuni emendamenti attraverso i quali intende modificare i punti più a rischio. Il governo, per sicurezza infatti, vuole intervenire per ridurre i rimandi agli articoli del codice civile sul matrimonio e assicurarsi che il ddl dia vita a un istituto giuridico autonomo, diverso dal matrimonio per caratteristiche e diritti. Per esempio, anticipa Repubblica, uno degli emendamenti riguarderà l’uso del cognome. Attualmente il testo prevede che i soggetti firmatari dell’unione possano decidere di assumerne uno comune. Al contrario l’entourage di Sergio Mattarella non ha espresso rilievi sulla stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio biologico del partner. Su questo punto, dunque, non ci saranno modifiche. Come è noto, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto sapere che i parlamentari potranno decidere il proprio voto in “libertà di coscienza”, dunque senza indicazioni di partito.
25/11/2024
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