di Marco Castoro
Roberto Giachetti ha sciolto la riserva: si candiderà a sindaco di Roma. O meglio, parteciperà alle primarie del Pd per avere il lasciapassare per la candidatura. E se il vicepresidente della Camera ha deciso di rischiare anche una figuraccia significa che in cuor suo è convinto di potercela fare. Giachetti è un buon diavolo. Come Renzi è più centrista che di sinistra. Il suo sogno è avere lo stesso successo del suo vecchio capo, quel Rutelli che a Roma ancora molti rimpiangono. Certo dopo Rutelli c’è stato Veltroni, un altro sindaco che fece salire le quotazioni della città eterna, prima che le amministrazioni di Alemanno e Marino la facessero ripiombare di nuovo nel degrado più assoluto. Due sindaci che per colpa degli arruffoni hanno perso credibilità. Ora tocca a Giachetti salire sul palco. Il
primo ad applaudire è stato il governatore Zingaretti, mossa democristiana per dare un segnale ai renziani. Ma quelli del presidente della Regione Lazio rischiano di restare gli unici applausi della commedia. Perché ai miracoli i romani hanno smesso di crederci. Così come non credono più nella classe politica.
PRIMA GAFFE – In perfetto stile veltroniano, Giachetti ha lanciato la sua candidatura con un videomessaggio girato con il Gianicolo alle spalle (il suo quartiere) e una Roma da cartolina come la descrive lui stesso. Seppure in primo piano si vede il carcere di Regina Coeli, non certo un buon segno premonitore per cominciare l’avventura.
CARTOLINA – Ma Giachetti sa bene che le cartoline della Roma odierna non sono quelle del Gianicolo o dei Fori Imperiali. A quelle ormai credono solo i turisti. Le cartoline dei romani sono ben altre. Sono i rifiuti che invadono le strade. La sporcizia sui marciapiedi. Le foglie che otturano i tombini. I tempi incredibilmente lunghi per la manutenzioni di strade e del verde pubblico. Il degrado delle periferie, autentiche polveriere. I cortei e le manifestazioni che paralizzano la città. Per non parlare dei 15-20 minuti che trascorrono prima dell’arrivo di un
metrò della linea B. E dei guasti ai treni della linea A. Dello scandalo dell’Atac, l’azienda dei trasporti che si è inghiottita tutti i soldi stanziati. Dell’Ama e della raccolta differenziata. Dello smaltimento dei rifiuti nel dopo Malagrotta. Della mobilità che ha bisogno di un piano strategico. Dell’inquinamento che non si risolve
con le targhe alterne. Del nuovo codice appalti. Della burocrazia che affossa ogni cosa. Del decentramento dei municipi, che come sono organizzati oggi non hanno senso di esistere perché privi di potere esecutivo e incapaci di risolvere i problemi quotidiani dei cittadini. Degli asili, senza fondi e personale.
IL VERO NODO – È sulla sicurezza che si gioca l’esito delle urne. Quale sarà l’approccio (fino ad oggi ambiguo) del Pd nei confronti dei campi rom e delle baraccopoli? La sicurezza è il vero tabù per la sinistra cittadina. Scelte incoerenti e contraddittorie hanno partorito confusione, come sgomberi annunciati e case ai rom. Serve una vera rivoluzione organizzativa-strutturale per una città schiavizzata da mafia capitale. Il buon Giachetti riuscirà a ridare
fiducia al Pd romano? Non sarà facile. Cinque Stelle e la destra potrebbero fare bottino pieno dei voti di protesta dei romani.