Mar Nero di rabbia per Ankara. Putin nega il transito alla nave turca. E la tensione risale alle stelle

di Francesco Carta

Prima l’abbattimento del caccia russo al confine con la Siria, poi la nave di Mosca che esplode colpi di avvertimento contro un peschereccio turco per evitare una collisione nell’Egeo. E oggi la tensione tra Mosca e Ankara è tornata nuovamente ad accendersi nel Mar Nero, dove un incrociatore portamissili della flotta russa e un’unità della guardia costiera dei servizi di sicurezza dell’Fsb (i servizi segreti russi, gli eredi del Kgb per intenderci) sono intervenute per far cambiare rotta a una nave mercantile turca che ostacolava un rimorchiatore. Trasferiva alcune piattaforme (del valore di 354 milioni di dollari) da un giacimento di gas al largo di Odessa ad acque territoriali russe. Il mercantile con bandiera turca non avrebbe risposto alle chiamate e ai segnali ed è quindi stato costretto a cambiare rotta dall’intervento delle unità di Mosca. Ad annunciarlo è stata la stessa compagnia, la Chernomorneftegaz, spiegando che le piattaforme sono arrivate a destinazione in sicurezza.

QUESTIONE DI SICUREZZA – È bene precisare, però, che la notizia è stata smentita dai servizi segreti russi che hanno spiegato che la nave commerciale turca non stava impedendo il passaggio delle navi russe nel Mar Nero. “La distanza tra le navi russe e quella turca era superiore a due miglia marine”, fa sapere l’ufficio stampa dell’Fsb, secondo cui “non ci sono stati tentativi da parte della nave turca di fermare o in qualche modo ostacolare le azioni di spostamento degli impianti di perforazione”. La nave della flotta russa ha stabilito un contatto con la nave turca con dei segnali pirotecnici, e questa si è allontanata “in modo sicuro” dal gruppo di navi russe in modo da garantire la sicurezza della navigazione.

GUERRA FREDDA – Quali che siano le giustificazioni, però, il clima resta infuocato. E a nulla servirebbero, oggi, quelle dichiarazioni che solo prima facie testimoniano una distensione degli animi. Tanto che, sempre nella giornata di oggi, è stato lo stesso ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov, a confermare che le relazioni diplomatiche tra i due paesi stanno vivendo la loro “massima crisi nella storia”. Una storia che, prosegue, “si divide in due periodi: prima del 24 novembre e dopo il 24 novembre”. Parliamo, ovviamente, del giorno dell’abbattimento del caccia russo da cui tutto è comicniato. Un vero e proprio spartiacque, dunque. Per parte sua Karlov ha confermato la linea dettata da Vladimir Putin: la priorità per il Cremlino sono le scuse di Ankara per l’abbattimento del caccia al confine con la Siria. “Finché queste nostre aspettative non saranno soddisfatte – ha affermato in un’intervista al quotidiano russo Cumhuriyet – la altre dichiarazioni fatte dalla Turchia non porteranno ad alcun risultato”. Nel frattempo, sempre stamattina, la nave militare russa “Caesar Kunikov” è ripassata senza incidenti attraverso lo stretto del Bosforo, diretta verso il mar Nero. Questo dieci giorni dopo che il suo passaggio in direzione contraria della nave aveva provocato nuove tensioni per la presenza a bordo di almeno un soldato con in spalla un lanciamissili terra-aria, apparentemente pronto all’uso. La Turchia aveva definito il suo passaggio all’andata una “provocazione”, mentre la Russia aveva replicato sostenendo che non aveva violato alcuna norma della convenzione di Montreux. Insomma, si continua sulla strada delle provocazioni. Una strada tortuosa e accidentata. Tanto che l’incontro previsto per martedì 15 a San Pietroburgo fra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan è stato cancellato. Lo ha annunciato il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov in conferenza stampa, affermando che l’incontro “non ci sarà e non è stato riprogrammato”. E, nel frattempo, la Russia fa compere, pianificando l’acquisto di 200 velivoli e 30 navi da guerra. Non male per chi è in pace.