di Elena De Blasi
La prima grande avanguardia di respiro internazionale del secondo dopoguerra, che si coagulò attorno al progetto CoBrA, apre un filone inconsueto tra le tante (tante?) mostre presenti e passate nella Capitale. Un genere inconsueto, che giusto la ricerca fuori dal coro degli eventi più classici, tipica ormai della Fondazione Roma-Arte-Musei poteva portare nella Capitale praticamente in contemporanea con l’apertura del Giubileo. Per gli appassionati più sofisticati si tratta però di un appuntamento imperdibile. A Palazzo Cipolla, nel cuore della città eterna, fino al 3 aprile prossimo l’insieme del gruppo CoBrA (1948-1951) consentirà un viaggio magnifico e visionario attraverso un’epoca che segnerà tutta l’arte contemporanea.
EVENTO SOFISTICATO
La rassegna allestita in collaborazione con la Die Gallerie di Francoforte e curata da Damiano Femfert e Francesco Poli, offre infatti un’ampia e accurata raccolta di dipinti, sculture, lavori su carta, pubblicazioni, documenti e foto, testimoniando l’attività dei maggiori esponenti del movimento, tra cui Jorn, Pedersen, Dotremont, Appel, Lucebert, Corneille, Alechinsky, Götz, Constant. Centocinquanta sono le opere in mostra, provenienti dai principali musei europei e collezioni che custodiscono i capolavori del gruppo. Liberarsi dai canoni obsoleti della tradizione classicistica e avviare in fretta un movimento di rottura col passato furono i presupposti che coagularono i pittori, poeti e scrittori di ogni parte d’Europa che “sognarono” insieme il “sogno” CoBrA, grazie al quale l’arte trovò la via di fuga verso spazi e forme mai esplorati. Una mostra comunque atipica, che il presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele, non ha avuto difficoltà a scovare per via di una sua personale frequentazione nei primi anni ‘60 con Enrico Baj, all’epoca rappresentante in Italia del movimento CoBrA (Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam). “Stiamo parlando della prima avanguardia che usciva della guerra mondiale e con il suo genere esprimeva un immenso grido di felicità per la fine di quell’orrore – ha spiegato Emanuele. Un’esplosione di felicità creativa dopo la tragedia, insomma, che in tempi cupi come quelli di oggi, tra crisi economica e terrorismo, trasmettono ancora quel senso di gioia per la vita del quale ci dimentichiamo facilmente.