di Monica Setta
Piccole imprese a conduzione familiare che hanno macinato negli anni profitti esportando anche all’estero. Solo in Lombardia le piccole e medie rappresentano l’80% del tessuto produttivo complessivo, hanno in media 50 dipendenti e spesso si indebitano per fare innovazione di ricerca o prodotto. Ebbene, saranno proprio loro, le cosiddette figlie di un Dio minore, ad animare la kermesse organizzata a Torino oggi e domani dalla Confindustria dal titolo esplicito “Un’Italia industriale in un’Europa più forte”. E fra i 6 mila piccoli imprenditori che stanno affilando le armi per lanciare l’affondo sulla “politica assente” e sull’irresponsabilità della classe dirigente dei partiti, ci sarà la Pasionaria della Brianza, una delle imprenditrici più ascoltate della Lombardia, la presidente del comitato regionale Piccola industria Ambra Redaelli. “Purtroppo il sistema industriale italiano, dimenticato dalla politica, sta diventando una razza in estinzione, una specie di Panda per cui far intervenire l’Unesco”, argomenta la Redaelli mentre il tono si infervora affrontando il tema che più sta a cuore a viale dell’Astronomia: il giudizio, negativo, su quei politici che non hanno fatto niente per l’economia. “Qui siamo ad un passo dal default”, sintetizza l’imprenditrice, “Ma i nostri politici invece di unire le forze e dar vita ad un governo con spirito di servizio e di unità nazionale, vanno in tv a raccontare la loro infanzia” . Subito, dunque, un esecutivo che sia in grado – come anticipa Ambra Redaelli a La Notizia – di fare la riforma elettorale varando i provvedimenti urgenti per l’economia prima di tornare alle urne. Il premier possibile? “Non spetta a noi fare nomi”, taglia corto lei, “ però persone di alto profilo ce ne sono. Penso ad un nuovo Carlo Azeglio Ciampi, competenza e prestigio. Fra i papabili sicuramente Fabrizio Barca o Corrado Passera”.
Dove nasce il cortocircuito fra voi e la politica?
“Noi andiamo a dire oggi al convegno della Piccola industria della Confindustria che sarà concluso dal presidente Giorgio Squinzi una cosa semplice e drammatica: siamo disperati, senza una politica industriale seria, organica, non ci resteranno che due alternative. O traslocare, armi, bagagli e fabbriche, all’estero oppure chiudere definitivamente. E stavolta la politica deve starci a sentire perchè noi siamo stati, come Confindustria, i primi a lanciare proposte, a dire che senza la legge elettorale, il voto sarebbe stato, come poi è effettivamente successo, inutile. La nostra situazione ė complicatissima e le faccio qualche esempio. Aspettavamo i pagamenti della Pubblica amministrazione per rientrare in possesso di quanto ci era dovuto, della liquidità necessaria per continuare la produzione. Dopo tanta attesa, finalmente, la settimana scorsa apprendo dalla tv che il governo Monti sta per varare il decreto che sblocca una parte dei crediti delle piccole imprese. Entusiasmo, speranza, quasi euforia. Immagino che la cifra sarà vicina almeno a 90 miliardi, mio padre, imprenditore, mi ha insegnato che per avere 1 bisogna sempre chiedere il doppio: è una legge di mercato, sono le regole dell’economia. E invece la cifra si aggira intorno ai 40 miliardi e i meccanismi burocratici sono pessimi, farraginosi, impossibili. Mi accorgo dunque molto velocemente che quel provvedimento è come un sasso buttato a caso in uno stagno. Slegato da qualsiasi piano industriale globale rischia di annegare nell’acqua senza essere, sia pure parzialmente, risolutivo dei problemi delle imprese. E questa è la politica che ci ignora ormai da troppo tempo! Pensare che quando Monti è diventato premier ho quasi brindato….”.
E poi che cosa ė successo? Il governo dei tecnici ha comunque dimostrato, fosse pure attraverso una strada iper rigorista, un’attenzione ai temi dell’economia…
“Niente da dire sui primi mesi del governo Monti; è stato il Salvatore dell’Italia, è innegabile. Ricordo la prima conferenza stampa a fine del 2011, ministri seri, taciturni, pronti a comunicare solo per spiegare i provvedimenti, non il gossip. Mi emozionai davanti alle lacrime di Elsa Fornero, pensai che finalmente l’Italia avrebbe avuto una classe dirigente politica decente, competente. E poi, giorno dopo giorno, anche i tecnici sono diventati politici. Beghe di partito, liti interne, alleanze che saltavano o si ricostruivano, tutti argomenti legati al “politichese” non agli interessi reali del paese. Una sera accendo la tv e vedo uno di quei ministri che racconta in un salotto da talk show la sua infanzia. Colore, insomma mentre le nostre aziende erano costrette a chiudere, una dopo l’altra, per mancanza di liquidità. Mi sono fatta l’idea che i politici siano così in modo naturale, è come se avessero nel Dna una specie di disaffezione al “bene comune”, una maledizione. Anche il nostro presidente della Regione Roberto Maroni, appena insediato, si è fatto portatore di proclami a favore delle industrie lombarde, ma al di là di discorsi generici, non ha ancora fatto nulla di concreto. Credo che nessuna forza politica abbia compreso fino in fondo la drammaticità della nostra situazione: noi piccole industrie italiane siamo una razza che rischia l’estensione mentre l’Unesco dovrebbe proteggerci in quanto patrimonio nazionale essenziale”.
Lei propone un governo per le riforme e poi, dopo la nuova legge elettorale, subito alle urne. E ha in mente dei nomi come possibile premier, Passera e Barca. Che cosa la convince di questi due uomini di economia e finanza?
“Mi convince il fatto che si sono sempre mostrati defilati rispetto ai riflettori, hanno una competenza chiara, riconosciuta e ritengo abbiano anche un sincero interesse per il proprio paese. A chi, fra i politici che conosciamo tutti, sta davvero a cuore la sorte dell’Italia? Scandali, ruberie, intrighi, la politica ci ha offerto negli ultimi tempi il volto peggiore. Ecco un esecutivo di larghe intese, un compromesso fra il centro destra di Silvio Berlusconi e il centro sinistra di Pier Luigi Bersani, secondo me, non potrebbe funzionare. Troppi interessi contrastanti in gioco. Non affiderei l’incarico di formare un governo neppure al sindaco di Firenze Matteo Renzi che pure si distingue per voglia di fare, di impegnarsi. Serve un nuovo Carlo Azeglio Ciampi, come potrebbero essere Corrado Passera o Fabrizio Barca. Sono sicura che saprebbero fare quelle riforme economiche di cui le industrie hanno bisogno. E dunque fisco, lavoro, sburocratizzazione.
Che cosa si augura nel futuro? Che cosa vorrebbe che emergesse dalla kermesse di oggi a Torino?
“Mi auguro che la politica capisca che il nostro allarme è fondato e che non abbiamo più tempo, dobbiamo metterci immediatamente al lavoro per le riforme economiche. Spero che il nuovo governo riesca a fare la legge elettorale e si torni al voto per avere finalmente una maggioranza netta, seria. E voglio immaginare che la classe dirigente politica del futuro, quella che si occuperà seriamente dei problemi del Paese, abbandoni per un po’ le luci della tv. Che in tv ci vada due volte all’anno, per il resto grandi scrivanie, lavoro sodo e dietro le quinte. Come noi piccoli industriali lombardi che ci indebitiamo personalmente pur di non togliere un posto di lavoro alle famiglie”.
Al vertice della Rollwasch
Ambra Redaelli, 45 anni, è nata e risiede in Brianza. Ragioniera, deve la sua formazione all’azienda, la Rollwasch Italiana Spa nella quale collabora da più di 25 anni e della quale è amministratore delegato, e all’esperienza associativa.
Ha di recente promosso e realizzato la fusione tra le aziende del gruppo: una commerciale, una meccanica, una chimica ed una fiduciaria. Nel gruppo si occupa direttamente della gestione amministrativa e finanziaria, della contrattualistica e del personale. Ha gestito la costituzione e gestione di un paio si società in Brasile, nel Rio Grande do Sul, dal 1995 al 2003. Grande appassionata di musica e promotrice di importanti eventi musicali, dal 1990 è attiva in Confindustria Monza e Brianza dove ha rivestito diverse cariche, fino al 2010 quando diventa presidente del Comitato regionale di Confindustria Lombardia.
Per i diversi incarichi si è occupata delle rilevazioni statistiche sul credito e dei rapporti con gli istituti di credito, con la Regione Lombardia e Finlombarda, con l’Abi, Banca d’Italia, Cassa Depositi e Prestiti, Mediocredito Centrale e i Confidi. Particolare attenzione ha dedicato al tema dei derivati e ai nuovi strumenti a supporto del credito.
Da maggio 2011 è nella giunta di Confindustria. Ex consigliere della Camera di commercio di Monza e Brianza è membro della giunta di Federmeccanica. Dal 2002 al 2007 è stata membro del consiglio di amministrazione della Camera Arbitrale di Milano.