L’inchiesta è piena di parti oscure. Di presunte vittime che diventano sicuri complici, di favori incriminati che però non ci sono mai stati, di reticenze. Il minimo sindacale di garantismo – merce rara in questo Paese – imporrebbe perciò di attendere le conclusioni della magistratura. Nella vicenda De Luca c’è però anche dell’altro: il peccato originale di una candidatura azzoppata dai vincoli della Legge Severino e ciò nonostante avallata dal Pd di Renzi, consapevole di avventurarsi in un campo di battaglia. Che se lo meriti o no, su questo campo il governatore si è preso una bella schioppettata e ora dal suo stesso partito non si vedono arrivare rinforzi e barellieri. Come avvenuto a Roma, il rapporto politico non c’è più. E Marino caduto sulla buccia di banana di qualche cena messa in conto al Campidoglio è la controfigura di un presidente di Regione forse altrettanto capace di giustificarsi, ma indipendentemente da ciò ormai isolato e perciò non più in grado di governare. In democrazia il consenso è tutto, ma se questo consenso è arrivato grazie a chi successivamente lo rivuole indietro, far finta di nulla non è democratico. È ipocrita.
L'Editoriale