di Carmine Gazzanni
Sfogliando la legge di stabilità e scorrendo i 52 articoli di cui è composta, non manca di scoprire, qua e là, qualche sorpresa inaspettata, per così dire. E così, ad esempio, spunta fuori la norma che ci permette di capire il senso di quando Matteo Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando dichiaravano che questo Governo avrebbe fatto il massimo per risolvere il problema dei processi lumaca. Un problema non da poco dato che, a causa della “legge Pinto” (la legge che disciplina il diritto di richiedere un’equa riparazione per il danno subito per l’irragionevole durata di un processo), contro il nostro Paese sono una marea i ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ogni anno infligge multe salatissime al nostro Paese per le lungaggini dei suoi tribunali.
LA FURBATA – Ed ecco il punto: invece che intervenire nel concreto per accelerare le procedure giudiziarie, il governo Renzi ha inserito nella Manovra (all’articolo 39) una leggina che taglia i risarcimenti per tutti coloro danneggiati dalla irragionevole durata dei processi. Insomma, invece che risolvere il problema alla radice, il Governo semplicemente taglia i fondi degli indennizzi per tutti coloro vittime di processi interminabili che dunque, cornuti e mazziati, non solo non vedranno riconoscersi i loro diritti in sede giudiziaria ma non avranno nemmeno un giusto indennizzo. Com’è stato possibile tutto questo? Semplice: è stato ridotto il quantum dovuto. Se prima per esempio veniva riconosciuto una somma fino a 1.500 euro per ogni anno di lungaggine ingiusta del processo adesso, con la nuova stabilità, tale importo sarà di un massimo pari a 800 euro, con una riduzione, dunque, di quasi la metà. Finita qui? Certo che no. Non contenti, dal Governo hanno pensato anche a regole più stringenti per presentare ricorso: il riconoscimento del danno, infatti, non sarà immediato e, per così dire, naturale (com’è oggi). Viene introdotto introdotto l’obbligo di sollecitare i tribunali con “rimedi preventivi” (termine generico che lascia quantomeno interdetti) che, di fatto, diventano la di per avere diritto all’equa riparazione.
TAGLIO E CILIEGINA – Risultato? I calcoli, nero su bianco, li ha fatti lo stesso esecutivo. Oggi, in media, i circa 12 mila procedimenti (repetita iuvant: 12 mila!) aperti per i processi lumaca contro il nostro Stato, costano alle casse pubbliche qualcosa come 45 milioni di euro. Nel 2017, i pagamenti scenderanno a 35. Dieci milioni risparmiati, dunque. Ma non intervenendo sulle lungaggini dei processi, ma tagliando gli indennizzi (e i diritti) ai cittadini. Già, perché la ciliegina sulla torta ancora deve arrivare. E ce la fornisce direttamente il ministero della Giustizia con l’ultimo report sui processi “a rischio Pinto” (quelli, in altre parole, per i quali potrebbe essere presentato ricorso contr lo Stato italiano): a fine 2013 erano 1.048.619; a fine 2014 sono 1.117.769. Incredibile ma vero, sono aumentati di 70 mila unità. Insomma, i processi lumaca aumentano e i risarcimenti diminuiscono per “ordine superiore”. Questa sì che è un’Italia, per dirla con Renzi, “#colsegnopiù”. Ecco, più ingiusta.
Tw: @CarmineGazzanni