di Carmine Gazzanni
Soltanto un anno fa veniva proclamato dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. I tesori paesaggistici del Parco nazionale della Sila, d’altronde, sono unici ed inestimabili. Tutt’altra cosa, invece, la gestione. E non solo perché, parola della Corte dei Conti nella sua ultima relazione sull’ente (giugno 2015), “dai dati finanziari ed economico-patrimoniali del Parco […] emerge un quadro che non è rassicurante” e che “mostra un disavanzo di competenza in tutti gli esercizi considerati (dal 2010 al 2013, ndr)”. C’è anche altro, infatti. Sono ben tre gli esposti presentati dai parlamentari del Movimento cinque stelle calabresi (Dalila Nesci, Paolo Parentela, Nicola Morra e Federica Dieni) – uno alla Corte dei conti, uno alla procura di Roma e uno a quella di Cosenza – da cui si evincerebbe un presunto danno erariale di quasi un milione di euro. Tutto dipenderebbe da una nomina illegittima. Riavvolgiamo il nastro per capirci. Il 2006 viene nominato direttore del Parco Michele Laudati, persona “da 40 anni nella pubblica amministrazione”, come lui stesso ci dice al telefono. Chi meglio di lui, dunque, per la gestione di un ente pubblico. Peccato però che, dall’esposto presentato, spunterebbe un piccolo particolare: Laudati sarebbe “inidoneo al lavoro”. E non da ieri, ma addirittura dal 2000, anno in cui il referto dei medici del centro militare di medicina legale di Catanzaro sentenzia: “Il soggetto non è idoneo permanentemente al servizio d’istituto in modo assoluto”. Una convinzione rafforzata l’anno successivo (siamo a giugno 2001) quando il diretto interessato viene collocato a riposo ma “con diritto al trattamento di quiescenza comprensivo della indennità integrativa speciale”, come riportato (e mai smentito) da un articolo de Il Corriere della Sera risalente addirittura al 2006.
POSSIBILE DANNO? – Se così fosse, dunque, l’incarico a Laudati sarebbe inconferibile sin dal 2006, anno del suo primo mandato che, peraltro, è stato riconfermato dall’ex ministro Corrado Clini nel 2012. Ma non è finita qui. Perché nell’esposto si fa di conto. Considerando i 43 mila euro di stipendio tabellare e i 37 mila di retribuzione di posizione (e una retribuzione di risultato non nota), parliamo di oltre 80 mila euro annui che, sommati nel corso del tempo, portano alla cifra stratosferica di quasi un milione, appunto, che, scrivono i Cinque Stelle, potrebbero essere stati presi abusivamente.
LA “DIFESA” – Per ora il Parco non si pronuncia. Né lo fa il commissario Sonia Ferrari che, peraltro, è stata appena riconfermata dal ministro Gian Luca Galletti. Né lo fa lo stesso ministro dell’Ambiente che, per ora, preferisce tacere anche sull’interrogazione presentata dagli stessi Cinque Stelle. La Notizia ha provato, allora, a chiedere conto della vicenda. Ed è proprio qui che, legittimamente, i dubbi si addensano. Abbiamo chiesto di parlare con la professoressa Ferrari. Ma è stato impossibile. Mai in sede, ci hanno dato (gentilmente) il suo numero privato. Bene, si penserà. Macchè. La professoressa, tra i suoi mille impegni, non ci ha mai risposto. Nonostante varie telefonate e messaggi. Abbiamo allora contattato il diretto interessato, Michele Laudati. Surreale la sua difesa: “ho tutte le carte in regola”, ci dice. Ma allora lei è abile o inabile?, chiediamo noi. “Non sono tenuto a dirlo a lei”, risponde. E quando noi gli facciamo notare che così potrebbe dare adito a legittimi dubbi, chiude: “lei può pensare quel che vuole”. E, come noi, anche i calabresi.
Tw: @CarmineGazzanni