Usa e Russia continuano a trattare sulla Siria, ma l’accordo resta lontano. I bombardamenti di Mosca hanno colpito i ribelli che assediano Damasco. Milizie che combattono Assad, ma anche l’Isis, con il sostegno degli americani. Di qui la crisi tra le superpotenze, dalle conseguenze imprevedibili
Mosca sgancia le bombe
Una cosa è certa: Putin ha iniziato a bombardare la Siria. Non è chiaro, però, quali siano i reali obiettivi di Mosca. Da una parte c’è il Cremlino, il quale dice che gli attacchi russi sono avvenuti in zone controllate dall’Isis. Dall’altra ci sono gli americani e i francesi, che affermano il contrario. Secondo loro, infatti, i primi bersagli colpiti sono stati i ribelli di Assad. La risposta russa arriva per bocca dello stesso Putin: “L’unico modo per combattere i terroristi in Siria era di agire preventivamente“, ha detto il presidente russo parlando a un incontro del governo. “Se i terroristi hanno successo in Siria andranno in Russia e Mosca non aspetterà che questo succeda”, ha detto Putin. Il quale ora sia aspetta che Bashar al Assad avvii un colloquio con l’opposizione siriana: il regime deve assumere una “posizione attiva e flessibile” e deve essere pronto “per i compromessi nel nome del suo Paese e del suo popolo”, ha detto ancora il leader del Cremlino. A parte i botta e risposta, fatto sta che i raid di Putin hanno colpito la città di Homs, una città sunnita dove i governativi devono fronteggiare l’avanzata dei ribelli. Putin ha comunque più volte detto che l’intervento russo è “contro lo Stato Islamico”. Inoltre, il Cremlino ha reso noto che è stato il presidente Assad a chiedere “l’aiuto militare” di Mosca. Richiesta confermata da Damasco. LA DIPLOMAZIA Intanto il lavoro della diplomazia non si ferma. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato americano John Kerry hanno discusso ieri, in una conversazione telefonica, della situazione in Siria “alla luce della decisione della Russia di fornire aiuto al governo siriano nella lotta contro i gruppi terroristici che operano sul suo territorio”. “In Siria in queste ore si sta creando uno spiraglio di via di uscita”, ha commentato dal Consiglio di Sicurezza Onu il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni. “Una transizione politica graduale che però non dia vita a un vuoto di poteri come successo in Libia, e prima della Libia, in Iraq”.