di Alessandro Barcella
La città di Milano e la sua provincia vivono da anni una vera e propria “emergenza-casa”. Parliamo soprattutto di edilizia popolare, di case di proprietà e di gestione ALER (l’azienda locale di edilizia residenziale). I dati provengono direttamente dal Bilancio d’esercizio 2012: ogni anno vengono assegnati circa 800-1000 appartamenti a fronte di un numero di domande idonee che nel 2012 è stato di 21.772. Parliamo di oltre 20.000 famiglie che hanno i titoli, e il bisogno, per ottenere un alloggio popolare (“a canone sociale”, come viene definito). I numeri sono impietosi: oggi Aler Milano può dire si al 4,59% appena delle domande valide. Ciò a fronte, poi, di un patrimonio di oltre 5.000 appartamenti sfitti (5.117, per l’esattezza, quasi 3.800 dei quali al momento non assegnabili). Perché non assegnabili? Perché si tratta di appartamenti che dovrebbero essere ristrutturati (per una spesa media di 10mila euro ad unità) e l’Ente non ha i soldi per farlo.
Il suv in cortile
A fronte di questa situazione d’emergenza però, facciamo notare come alcune procedure per la verifica dei redditi degli inquilini prestino il fianco a critiche e a possibili “storture”. Ricchi nelle case Aler? Senza voler arrivare a questa iperbole va detto che negli anni scorsi più amministrazioni comunali, in tutta Italia, avevano sollevato la questione. Non è poi certo infrequente notare, in diversi cortili interni delle case popolari milanesi, macchine di lusso e comunque poco consone ad un Cud “popolare”. Il punto è questo: chi controlla e come i redditi degli inquilini delle case Aler, una volta assegnato l’alloggio? È il testo unico sulla documentazione amministrativa, introdotto in Italia nel dicembre 2000 (e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20 febbraio 2001), ad introdurre la norma oggetto di critiche. È infatti possibile produrre autocertificazione, sottoscritta dall’interessato, in luogo dei certificati rilasciati da una pubblica amministrazione che attestino lo stato o la condizione di un cittadino. Quanto guadagna dunque un inquilino Aler? Te lo dirà lui stesso. E se una volta entrato dovesse perdere i requisiti economici che gli hanno garantito l’alloggio? Qui si entra nel meccanismo, a nostro modo farraginoso, dei controlli.
Controlli blandi
È la stessa Aler, insieme all’amministrazione comunale, a mettere in campo una serie di procedure di verifica “in itinere”. Accanto alle verifiche fatte in modo “randomico”, a campione, esiste oggi un’indagine anagrafica (tecnicamente “anagrafe dell’utenza”) volta appunto a monitorare la situazione degli assegnatari, ma questi controlli intervengono solamente ogni due anni. “Se decidi di non rispondere all’accertamento anagrafico – ci spiega un funzionario del sindacato degli inquilini – vieni automaticamente collocato nella classe di canone d’affitto più alto”. Passati altri due anni, ovvero al secondo accertamento anagrafico non sottoscritto, scatta il preavviso di decadenza dall’assegnazione. Quattro anni dunque per un preavviso, ed è allora possibile che in questo intervallo di tempo le condizioni economiche del nucleo familiare, se non stravolte completamente, possano quanto meno migliorare. A volte basta davvero poco, l’arrivo di un nipote o un figlio temporaneamente a carico dell’assegnatario. Non vediamone sempre il lato doloso, la mala fede, ma sicuramente un appartamento potrebbe far comodo a quel 95.41% di domande idonee e “parcheggiate” in graduatoria ormai da tempo.
Le occupazioni abusive
A questo si aggiunga infine il dato, endemico in tutte le situazioni di edilizia residenziale popolare, di occupazioni abusive. A Milano, limitando il campo agli alloggi di proprietà e gestione Aler, sono quasi un 4% (nel 2012 ben 2336 nuclei familiari erano senza alcun titolo legittimo d’occupazione). Persone a cui risulta difficile andare a chiedere di produrre un Cud o un 740. E intanto la coda di chi aspetta si allunga.