Tanto buona, probabilmente, non sarà la scuola del duo Stefania Giannini–Matteo Renzi per gli oltre 210 mila studenti disabili che da ieri hanno ripopolato, insieme ai loro compagni, gli istituti scolastici. Per molti di questi, infatti, potrebbe non essere garantita l’assistenza che pure spetterebbe loro, dal trasporto al sostegno in classe. Ma è la ragione di tale mancanza che lascia attoniti: a causa di lungaggini burocratiche e amministrative nate dopo l’approvazione della legge elaborata da Graziano Delrio sull’abolizione delle province, in molti casi non si sa chi – tra regioni, comuni e quel che resta delle province stesse – debba occuparsi della questione. E così, parafrasando il proverbio, tra i tre litiganti, i disabili non godono, dato che la patata bollente, molto spesso, semplicemente non resta in mano a nessuno. Nemmeno al governo centrale, che è corso ai ripari con un provvedimento che, però, ritarda il problema, senza risolverlo.
REGIONI SVOGLIATE – Ma partiamo da principio. È dagli anni ’90 che sono le province ad occuparsi e a sostenere i servizi per l’assistenza agli studenti disabili. La legge Delrio, come sappiamo, è però intervenuta riorganizzando il quadro e le funzioni di province, città metropolitane e unioni di comuni. Nella riforma, si specifica che non saranno più le province ad occuparsi, tra le altre cose, dell’assistenza scolastica per i disabili e l’abbattimento delle barriere architettoniche. E chi dovrà occuparsene? Difficile dirlo. In alcuni casi, impossibile. La legge, infatti, aveva stabilito soltanto che sarebbero state le regioni a decidere a chi assegnare tali competenze: se tenerle per sé, attribuirle alle province stesse, alle città metropolitane o ai singoli comuni. La legge, ovviamente, fissava un termine per quest’incombenza: 31 dicembre 2014. Bene: a quella data solo cinque regioni hanno stabilito per filo e per segno come fare e come muoversi. Nel resto dei casi, si brancola nel buio.
RICORSI A UN PASSO – Una situazione paradossale, dunque, denunciata da tempo dalle associazioni, a cominciare dalla Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) che ha lanciato una campagna, cui stanno aderendo anche le altre associazioni di categoria, per chiedere “l’attivazione dei servizi di assistenza per gli alunni con disabilità sensoriale e di assistenza educativa e trasporto per gli studenti con disabilità delle scuole superiori”. Per capire la gravità della situazione, basti questo: nella sola Lombardia, denuncia la Lega, mancheranno 4.650 studenti disabili al suono della campanella. Ma alla campagna di sensibilizzazione si aggiunge anche la denuncia vera e propria. La Lega, infatti, proprio ieri ha annunciato di voler ricorrere per vie legali: “la mancata erogazione dei servizi di assistenza e trasporto – spiega il presidente della Ledha, Alberto Fontana – non è un semplice disservizio. Ma una situazione che espone bambini e ragazzi con disabilità a una discriminazione, cioè di violazione dei diritti umani”.
DECRETO SOLO SULLA CARTA – Ma i paradossi non finiscono qui. Proprio per le forti pressioni di cittadini e associazioni, il governo è corso ai ripari prima della pausa estiva, inserendo nel dl sugli enti locali un emendamento ad hoc (articolo 8, comma 13quater) con cui si prevede uno stanziamento di 30 milioni “per le esigenze relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali”. Peccato, però, che il provvedimento stabilisce anche che il governo ripartisca il fondo “tra le province e le città metropolitane” tramite un decreto attuativo. Che, ovviamente, ancora non è stato approvato. Insomma, per ora dei 30 milioni, nemmeno l’ombra. Ma mettiamo che a breve vengano distribuite tali risorse. Problema risolto? Niente affatto. Secondo le associazioni, infatti, “la cifra di 30 milioni copre solo in parte l’emergenza per i primi tre mesi dell’anno scolastico che inizia a settembre. Il diritto allo studio, al contrario, non può essere vincolato a disponibilità di bilancio”. Non può. Appunto.
Tw: @CarmineGazzanni